La Stampa 9.4.16
Il Papa: “Il sesso dono di Dio”
E tende la mano ai divorziati
Bergoglio
fissa in 260 pagine la nuova “costituzione per le famiglie” No ai
matrimoni gay, ma nessuno deve sentirsi condannato o escluso
di Andrea Tornielli
La
Chiesa è chiamata «a formare le coscienze, non a pretendere di
sostituirle». È la frase chiave dell’esortazione post-sinodale di Papa
Francesco «Amoris laetitia», la gioia dell’amore, nove capitoli per
oltre 300 paragrafi distribuiti in 260 pagine.
Testo lungo e
articolato, che fa proprie le conclusioni degli ultimi due Sinodi e
rappresenta quasi una nuova «carta costituzionale» per le famiglie del
terzo millennio, in un tempo di grandi cambiamenti. Il tentativo, che
emerge quasi in ogni pagina, è quello di un approccio positivo, che
parte dalla complessità della realtà e dal superamento della logica
della semplice «condanna» e della «lamentela» per ciò che non va. Non ci
sono cambiamenti della normativa generale sui sacramenti per i
divorziati risposati, ma Francesco, seguendo la via indicata dal Sinodo,
insiste sul «discernimento» caso per caso e sull’«integrazione» degli
«irregolari».
Amore tra i coniugi
Non manca l’analisi delle
sfide, come quella rappresentata dalla cultura individualista che porta a
non prendere impegni definitivi, o quella rappresentata dalla povertà o
ancora da ritmi di lavoro così frenetici da impedire un minimo di vita
familiare. Si definisce «inquietante» il tentativo di imporre ai bambini
l’ideologia gender, viene ribadito il no all’aborto, si accenna alla
«minaccia» dell’eutanasia, viene ripetuta a chiare lettere la
contrarietà a ogni equiparazione tra matrimonio e unioni gay. Tra le
pagine più interessanti e innovative quelle sulla sessualità, presentata
come un «dono meraviglioso» di Dio, con una significativa autocritica
per aver insistito troppo sul fine procreativo del matrimonio e non
altrettanto sul suo fine unitivo. Per troppo tempo, infatti, la Chiesa
ha tenuto, riconosce Francesco, un atteggiamento troppo difensivo, «con
poca capacità propositiva per indicare strade di felicità». Nei due
capitoli dedicati all’amore tra i coniugi sono contenuti una serie di
consigli importanti ma anche più spiccioli, per mantenere viva la «gioia
dell’amore», imparando giorno dopo giorno ad amare l’altro uscendo da
se stessi.
Nel testo, dove trovano spazio citazioni di Jorge Luis
Borges, Octavio Paz, Martin Luther King, Erich Fromm e si menziona il
film «Il pranzo di Babette» come esempio di capacità di far godere gli
altri, c’è ampio spazio dedicato all’educazione dei figli, da aiutare a
crescere senza fare i «controllori», evitando la bulimia di smartphone e
tablet che porta al rischio dell’«autismo tecnologico». Un intero
capitolo, l’ottavo, è dedicato alle famiglie «ferite» e in particolare
alla pastorale per i divorziati risposati. Francesco rilancia la
necessità di «discernere» e di «integrare», deludendo sia chi chiedeva
cambiamenti della norma canonica sull’accesso alla comunione, sia chi
ribadiva che nulla può mai cambiare sulla disciplina dei sacramenti.
Caso per caso
Bergoglio
ricorda che i divorziati in seconda unione, «possono trovarsi in
situazioni molto diverse», non catalogabili in «affermazioni troppo
rigide». Una cosa, ad esempio, è una seconda unione consolidata nel
tempo, con nuovi figli, «con provata fedeltà, impegno cristiano,
consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione e grande
difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe
in nuove colpe». C’è poi il caso di quanti hanno fatto «grandi sforzi»
per salvare il primo matrimonio e hanno subito un abbandono ingiusto, o
il caso di chi si è sposato nuovamente «in vista dell’educazione dei
figli» e magari in coscienza è certo che il precedente matrimonio,
«irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido». Un caso
completamente diverso, invece, è una nuova unione che viene da un
recente divorzio, con tutte le conseguenze di sofferenza e confusione
che colpiscono i figli e le famiglie intere, o la situazione di chi ha
ripetutamente «mancato ai suoi impegni familiari».
Nessuno può
dunque avanzare pretese circa i sacramenti, ma «non è più possibile dire
- scrive il Papa - che tutti coloro che si trovano in qualche
situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale».
Ecco dunque lo spazio per valutazioni caso per caso, nella discrezione
del rapporto con il confessore, senza il rischio di introdurre una
doppia morale, ma con la consapevolezza che scendendo nei casi
particolari ci possono essere circostanze che attenuano le
responsabilità personali. Nessuno deve sentirsi condannato, nessuno
disprezzato, nessuno escluso.