La Stampa 6.4.16
L’utilizzata finale
di Massimo Gramellini
Sulla
base degli elementi forniti dalle cronache, Federica Guidi appare come
la versione moderna della monaca di Monza. Una donna ricca e potente
cresciuta alla scuola della freddezza con l’unica missione di prendere i
voti: imprenditoriali, nel suo caso. Per l’erede designata di un impero
nessun sentimento è contemplato, se non quello di compiacere l’amata e
temuta figura del Padre. I duri e le dure non si innamorano. Perciò,
quando succede, si innamorano delle persone sbagliate. Lo sciagurato
Egidio dell’algida Federica è un accalappiatore seriale di «figlie di».
Prima porta all’altare la figlia del cittadino più ricco di Siracusa,
poi compie il salto di qualità e si fidanza con l’erede di uno degli
uomini più ricchi d’Italia. Gianluca Gemelli non è certo un adone, ma ha
il talento dei veri seduttori: fare sentire uniche e desiderate le
donne che non si sono mai sentite né l’una cosa né l’altra. La Guidi è
severa per educazione e ruolo, ma con lui si scioglie e impara ad amare,
cioè a dare senza condizioni. Quando scoppia lo scandalo del petrolio,
per un attimo sembra di assistere al ribaltamento dello schema
maschilista, con una femmina di potere che elargisce favori al
sottoposto. Ma poi viene diffusa l’intercettazione in cui la sventurata
accusa tra le lacrime il suo Egidio: «Tu mi stai utilizzando». E il
quadro vira di colpo verso uno scenario più tradizionale: la donna
innamorata, succube di un furbissimo principe ereditario.
L’antipatica
Guidi ha sbagliato per amore di un uomo sbagliato. Non è un’attenuante,
ma in quel mondo di ego arroventati è quantomeno un attestato di
umanità.