mercoledì 6 aprile 2016

La Stampa 6.4.16
La “logica” dei carnefici

L’Atlante delle stragi nazifasciste in Italia permette di avere una visione completa, accurata e aggiornata della violenza esercitata dalle truppe tedesche di occupazione e dai loro collaboratori fascisti. Il quadro che ne emerge è quello di una violenza estrema, diffusa su tutto il territorio nazionale, che veniva esercitata contro tutta la popolazione, spesso anche contro le donne e i bambini, in genere considerati dai tedeschi come collaboratori e complici dei partigiani, e dai fascisti come «traditori della patria».
Avere un quadro completo, attraverso l’analisi di fonti spesso poco note o comunque non utilizzate in maniera sistematica, permette di capire la «logica» di queste azioni. Gli studiosi possono quindi capire il «punto di vista» dei perpetratori, il loro modus operandi, le loro strategie di occupazione e repressione, seguendo gli esempi delle ricerche di Carlo Gentile e Lutz Klinkhammer, e quindi di abbandonare il punto di vista delle vittime e dei testimoni, per i quali, ovviamente, le stragi non avevano alcuna «logica» e alcuna «giustificazione». Quando nel dopoguerra gli ufficiali tedeschi si giustificarono dicendo «ho soltanto obbedito agli ordini», dicevano quindi la verità, ma contemporaneamente ammettevano di aver obbedito a ordini evidentemente criminali.
L’Atlante permette anche di capire quali fossero i rischi a cui si esponevano non solo i partigiani, ma anche le popolazioni che li appoggiavano. La brutalità apparentemente gratuita e i massacri permettono di capire quale tasso di violenza, quanta ferocia venisse impiegata durante i rastrellamenti, le operazioni antiguerriglia, le «ritirate aggressive», insomma in quella prassi quotidiana dell’occupazione che ha tormentato l’Italia nel 1943-1945.
Questa ricerca dimostra quindi che la guerra civile, e la guerra di liberazione nazionale, furono scelte obbligate, per la difesa di una popolazione che si trovava esposta a deportazioni e stragi di massa.