martedì 5 aprile 2016

La Stampa 5.4.16
Truccate le relazioni dei periti dei pm
Si sospettano pressioni dell’Eni
I magistrati furono costretti a cambiare i propri consulenti
di Grazia Longo

Pressioni dei periti dell’Eni sui consulenti della Procura per falsificare la relazione sull’inquinamento ambientale a favore del colosso del petrolio. Un nuovo filone di inchiesta, con nuovi indagati, si abbatte sullo scandalo dei prelievi petroliferi in Basilicata. E, come non bastasse, si sta investigando anche su un funzionario della Regione che avrebbe nascosto alla Procura documenti preziosi alle indagini.
La nuova tranche nasce dalla costola di indagini inerente il capitolo del traffico illecito di rifiuti. Nel registro degli indagati, per falso finalizzato alla corruzione giudiziaria, sono finiti alcuni dei quattro esperti nominati nel febbraio 2014 dalla Procura di Potenza, per accertare la pericolosità del reinterramento delle acque inquinate da parte dell’Eni di Viggiano. Ancora da verificare, invece, le eventuali responsabilità corruttive dei periti di parte dell’Eni.
Da alcune intercettazioni telefoniche i pm di Potenza, Francesco Basentini e Laura Triassi, e la pm della Direzione distrettuale antimafia, Elisabetta Pugliese, si accorsero che i propri esperti avevano falsificato i risultati dei test di laboratorio. Il pool dei quattro venne quindi sostituito e il lavoro affidato a un nuovo team. La cui attività confermò i sospetti della pubblica accusa. E cioè che i rifiuti non venivano smaltiti correttamente, consentendo all’Eni di Viggiano un guadagno che oscilla tra i 40 e 114 milioni di euro. Il codice veniva infatti cambiato e il rifiuto da pericoloso diventava innocuo, pronto per essere smaltito nei pozzi e nelle terre agricole della Val D’Agri, a un costo di 33 euro a tonnellata anziché 90 o 160.
«Dagli approfondimenti investigativi - si legge nell’ordinanza del Gip, Michela Tiziana Petrocelli, relativa al filone dei carabinieri del Noe - e in particolare dai servizi di intercettazione che erano in corso, si paventa la possibilità che qualcuno dei consulenti tecnici nominati (quelli indicati il 19 febbraio 2014, ndr) fosse stato avvicinato dai consulenti di parte Eni e che in qualche modo avesse comunicato indebitamente l’esito delle analisi verosimilmente al fine di orientare le relative conclusioni. Tale circostanza rendeva opportuno e necessario ricorrere ad altri consulenti tecnici a cui affidare l’incarico». Il Gip ribadisce poi che le conclusioni dei periti sostituiti «venivano dissipate dal secondo gruppo di esperti».
E poi c’è il capitolo del funzionario regionale che avrebbe sottratto materiale indispensabile ai magistrati. A segnalare l’omissione, il rifiuto di atti d’ufficio, è stato un dipendente della Regione. La procura ha così scoperto «la mancata trasmissione di tre atti ufficiali della Regione Basilicata: una nota dell’ufficio compatibilità ambientale e due dell’Ufficio Ciclo delle acque». Circostanza che emerge anche da un’intercettazione ambientale in un ufficio dello stesso dipartimento. Un dirigente confida a un altro: «Che poi... altri guai ci porterà, ma non a noi, a lui direttamente, perché ho saputo... che ha tolto le carte».
L’importanza dell’orecchio investigativo degli inquirenti è dimostrato, inoltre, anche nell’altro filone, quello più legato all’associazione a delinquere e corruzione, a cura della Squadra mobile di Potenza, per gli affari al porto militare di Augusta, in Sicilia. Proprio dalle intercettazioni telefoniche diventa sempre più rilevante la posizione dell’ex dirigente della Ragioneria di Stato, Valter Pastena. Per la procura di Potenza è proprio lui il trait d’union tra l’imprenditore Gianluca Gemelli, fidanzato dell’ex ministro Guidi, e il capo di Stato maggiore della Marina, Giuseppe De Giorgi. Pastena (consulente del ministero dello Sviluppo Economico) avrebbe tratto vantaggi economici nell’affare che da un lato vedeva Gemelli accreditarsi presso la Marina per due pontili al porto di Augusta, uno dei quali condiviso tra la Marina e le compagnie petrolifere per gli attracchi. E dall’altro l’ammiraglio De Giorgi, interessato a ottenere 5,4 miliardi di euro di finanziamenti per il progetto di rimodernamento dell’intera flotta navale.