martedì 5 aprile 2016

La Stampa 5.4.16
Il giorno più duro della ministra
Da sola di fronte ai tre magistrati
Il pc delle toghe si rompe, ad accrescere lo stress. Poi una raffica di domande
di Jacopo Iacoboni

È stata la giornata più lunga e difficile da quando Maria Elena Boschi è ministro. Una giornata cominciata con un funerale e finita, solo paradossalmente, con una festa. Una giornata in cui Boschi non ha mai tirato il fiato, ha mangiato da sola nel suo ufficio, affrontato da sola un’audizione davanti a tre magistrati, senza nessuna rete né memorie scritte, per poi andare alla direzione Pd (luogo di notori amiconi, a dispetto di tanti attestati e pacche sulle spalle) e, a sera, all’ambasciata brasiliana - una cena che era organizzata da tempo, e alla quale lei non ha voluto mancare; quasi come a dire sì, sono stati giorni difficili e un lunedì pieno di pressione psicologica, ma io sono Maria Elena Boschi e sono ancora in piedi.
È un tratto caratteriale che fa dire a qualche suo avversario «Maria Elena è una macchina». Immagine che dà un’idea parziale. Ma non si può dire che non ci fosse tensione, nella sua combattività. Il ministro Boschi, capendo ovviamente dove stava andando a parare - soprattutto dal punto di vista degli effetti politici e di comunicazione - la vicenda dell’indagine sul compagno di Federica Guidi, nel weekend ha telefonato al procuratore aggiunto di Potenza, informandolo di essere disponibilissima a essere sentita quando lo ritenessero. E si è resa libera, anche il prima possibile, se i pm avessero ritenuto.
Nella serata di domenica è stata informata su dove e quando sarebbe avvenuta l’audizione - non l’interrogatorio, viene sentita solo come persona informata dei fatti. Non è certo stata una passeggiata; un po’ tutto, compreso il fatto che - rientrata ieri mattina a Roma dalla Toscana - la ministra abbia passato la tarda mattinata in San Saturnino Martire, ai funerali del giornalista Fabrizio Forquet, scomparso l’altro giorno, a 49 anni, ai quali s’è recata accompagnata dalla collega Marianna Madia. Occhiali scuri, tailleur pantaloni nero, giacca nera e scarpe con tacco medio, Boschi è poi rientrata al ministero, nel suo ufficio al terzo piano di largo Chigi; una breve riunione sugli aspetti giuridici della sua audizione, un boccone take away, sempre mangiato in ufficio, anche qui da sola, e poi l’audizione.
L’incontro coi magistrati è durato in tutto un’ora e mezza (la parte reale molto meno, considerando arrivo e convenevoli). La ministra ha risposto a tutte le domande. C’è stato però un incidente che non è il massimo, quando si è sotto una pressione psicologica: il computer dei magistrati s’è rotto, era impossibile accedere ai file e c’è voluta più di mezz’ora di sospensione prima di iniziare. Pensate se vi fosse successa una cosa del genere prima di un esame in geometria analitica all’università. A quasi tutti verrebbe l’ansia.
Nell’audizione si è certo parlato dell’emendamento, e delle citazioni del nome della Boschi nelle intercettazioni della ministra dimissionaria Federica Guidi. I magistrati sono interessati a capire se Boschi abbia mai saputo dell’esistenza e degli interessi di Gianluca Gemelli, il compagno della Guidi, e se abbia mai ricevuto segni di un particolare interessamento della Guidi, o altre pressioni esterne (per esempio da Total e Shell) per quell’emendamento. Cosa che lei nega. Insomma, un aiuto a ricostruire il quadro di tutta la storia, e l’eventuale retrostoria, dell’emendamento (il “fatto” giuridico su cui il ministro è “informato”).
La sua tesi della totale buonafede si poggia sul fatto che lei è convinta che, una volta rispettata la legge e le procedure parlamentari nell’emanare il provvedimento, non sta a un ministro effettuare un controllo preventivo sugli atti del governo per stabilire se esista qualcuno che possa, direttamente o indirettamente giovarsene. Nessuno può sostituirsi in questo agli stessi giudici.
La Boschi non ha consegnato - come qualcuno andava dicendo - una memoria scritta, perché non doveva difendersi; ma era sola, coi giudici che hanno stilato un resoconto, e dunque tutto riposava sulla capacità di memoria del ministro: altro peso, essere totalmente nelle mani di se stessi, senza rete. Alla fine è uscita ostentando un sorriso largo, forse anche troppo, alle telecamere. È andata alla direzione del Pd, tante pacche sulle spalle e dichiarazioni di sostegno, ma il discorso di replica di Renzi l'ha sentito da sola, seduta in ultima fila, silente. Alla fine era attesa all’ambasciata brasiliana per una cena di festa organizzata per lei, da tempo. Più che una samba, forse, un Caetano Veloso, per la sua giornata più lunga.