La Stampa 5.4.16
L’incubo dell’interrogatorio con le toghe
Quella “caduta degli dei” davanti ai pm
Da Martelli fino a Maria Elena, la prova più difficile per un ministro
di Maria Corbi
La
caduta degli dei ha molti gradini, ma quando sei un ministro della
Repubblica il più ripido è quello che ti porta a parlare con i
magistrati. «Ogni volta è uno strappo, ogni volta è la morte», cantava
Pavese. E ieri è toccato a Maria Elena Boschi, poi toccherà a Federica
Guidi, ma da ex ministro. Ed è un’altra storia. Perché il suffisso «ex»
cambia prospettiva. E sono tanti gli ex chiamati (e arrivati) dai pm a
chiarire, ma pochi quelli in carica. Renzi dice che loro, non si
nascondono dietro «il legittimo impedimento». E allora ti viene in mente
il re del legittimo impedimento, Silvio Berlusconi, che da premier
avrebbe preferito buttarsi nel Tevere che parlare con i pm napoletani.
Andando
indietro, frugando nelle altre Repubbliche, ecco Bettino Craxi che
nonostante il cumulo di una ventina di avvisi di garanzia ha resistito a
«conversazioni» con i magistrati. Rispondendo, ma in tribunale, in un
interrogatorio formale, reso, nel 1993, durante una pubblica udienza del
processo Enimont, uno dei più importanti di Tangentopoli. Una stagione
di guerra tra politica e magistratura. Fioccano avvisi di garanzia,
fioccano dimissioni. Un ministro in carica non va a parlare con un pm.
Claudio Martelli riceve un avviso di garanzia per il crac Ambrosiano e
si dimette da ministro della Giustizia.
Atteggiamento che tende a
ripetersi anche quando la memoria di Mani pulite è chiusa dai libri di
storia. Nel 2010 Aldo Brancher, appena nominato ministro per il
decentramento da Silvio Berlusconi chiede che venga applicata la legge
sul legittimo impedimento in vista dell’udienza del processo in cui è
accusato di appropriazione indebita per il caso Antonveneta. Dice che
deve organizzare il ministero. Ma Napolitano dice «no». E così Brancher
17 giorni dopo la nomina entra nel guinness dei primati, il ministro più
veloce della storia. Parlerà ai pm da «ex». Anche lui.
Ma qualche
volta i ministri si immolano. Berlusconi quater: Il ministro delle
Infrastrutture e dei Trasporti Altero Matteoli viene ascoltato a
novembre 2011, in qualità di persona informata dei fatti, nell’ambito
dell’inchiesta condotta dalla procura di Napoli sulla cosiddetta P4.
Henry John Woodcock e Francesco Curcio stanno indagando nei confronti
del parlamentare del Pdl Alfonso Papa e chiedono a Matteoli dei colloqui
avuti con la moglie di Papa durante la detenzione del parlamentare nel
carcere di Poggioreale. Al ministro la donna avrebbe chiesto
assicurazioni circa il futuro politico e lavorativo del marito, come
confermato ai pm da Matteoli.
Chiacchierata con i pm di Napoli
Francesco Curcio e Henry John Woodcock anche per Giulio Tremonti,
ministro dell’Economia, nel giugno del 2011, in qualità di testimone,
sempre per l’inchiesta Bisignani- P4. A loro disse, tra le altre cose,
di aver avvertito Berlusconi: «Non sarò vittima del metodo Boffo».
Divergenze di vedute con il premier sulla manovra economica necessaria.
«Per inciso e in parallelo su alcuni settori della stampa si manifestava
una tendenza, una spinta alle mie dimissioni se non avessi modificato
le mie posizioni».
E c’è chi quel gradino infame lo ha sceso
recentemente come la ministra Annamaria Cancellieri inciampata in una
telefonata di troppo quando era ministro della Giustizia nel governo
Letta, con i suoi amici Ligresti che si preoccupavano per «la Giulia»
che era stata arrestata e non sopportava il regime carcerario. La
ministra viene ascoltata dai pm di Torino, rivendica la correttezza del
suo operato, sostenendo di non aver più sentito i Ligresti da quel
famoso 19 agosto, tranne un sms con Antonino, zio di Giulia.
Ma
nei tabulati spunta un nuova chiamata, di 7 minuti ad Antonino, fatta il
giorno prima della testimonianza del 22 agosto. A novembre la
Cancellieri diventa «ex» e tornerà a parlare con i magistrati, a Roma
questa volta, e con al suo fianco un avvocato, Franco Coppi.
Adesso
Maria Elena Boschi, ascoltata dai pm al ministero. Un calice amaro
anche per lei, la caterpillar del governo Renzi. Dopo ieri nulla sarà
più come prima. Perché «ogni volta è uno strappo, ogni volta è la
morte». Anche se poi più di qualcuno resuscita.