La Stampa 5.4.16
Ma la minoranza lo incalza solo sulla leadership
di Marcello Sorgi
Più
dell’accesa riunione della direzione Pd, conclusasi con la solita
vittoria di Renzi dopo le solite polemiche con la minoranza, a pesare
sulla giornata di ieri è stato l’interrogatorio della delegazione della
procura di Potenza alla ministra Maria Elena Boschi. A Palazzo Chigi i
magistrati sono arrivati con l’obiettivo di approfondire il ruolo della
ministra e dei suoi collaboratori nella preparazione dell’emendamento
che ha portato alle dimissioni della Guidi. Domenica Renzi, parlando con
Lucia Annunziata, s’è assunto la piena responsabilità politica della
decisione di reinserirlo, malgrado fosse stato bocciato una prima volta
all’interno dello «SbloccaItalia», nella legge di stabilità. Ai
magistrati interessava sapere chi materialmente preparò il testo, se il
solo ministero dell’Industria, con o senza la collaborazione del
ministero dell’Economia, e se e quanto la Boschi intervenne anche sul
contenuto del documento, oltre che sul l’iter parlamentare. In altre
parole la Procura di Potenza era a caccia di elementi che potessero
consentire di affermare o di escludere che la ministra dei rapporti con
il Parlamento avesse, come quella dell’Industria, responsabilità nel
merito delle decisioni che dovevano agevolare le attività delle
compagnie petrolifere.
È esattamente quest’impostazione ad aver
provocato la reazione critica di Renzi contro i magistrati, quando ieri
in direzione ha detto che invece di condurre le indagini per anni
dovrebbero fare i processi e arrivare a sentenza. Va da sé che il
presidente del Consiglio ritiene perfettamente legittima e alla luce del
sole l’iniziativa del governo per accelerare la realizzazione
dell’impianto di Tempa Rossa, sulla quale la magistratura indaga con
l’ipotesi che l’estrazione del petrolio in Basilicata possa aver
configurato il reato di disastro ambientale. Renzi, con l’intervento
diretto del governo, tendeva a bypassare le lungaggini e le rivalità
politiche locali che ostacolavano un piano industriale in grado di
rilanciare l’economia della regione. La Procura, al contrario, ipotizza
che il modo in cui quel piano veniva portato avanti, oltre a
corrispondere agli interessi e alle pressioni delle società petrolifere,
tendeva ad aggirare la legge. Ed è questa la ragione per cui il
presidente del Consiglio sfida i magistrati a concludere le indagini e a
fare un processo.
Ma di tutto questo in direzione s’è parlato
poco. La minoranza (Cuperlo, Speranza, Emiliano), come altre volte, è
andata all’attacco del segretario per il suo modo solitario di condurre
il governo e il partito, che resta diviso anche sul referendum di
domenica 17 aprile: la posizione ufficiale resta l’astensione, ma non ci
saranno rappresaglie per chi deciderà di recarsi egualmente alle urne.