La Stampa 4.4.16
Il piano di Total sul petrolio lucano
Le carte: i vertici della società da Guidi per garantirsi 50 mila barili e far ripartire gli utili
“Potenza, ecco come funziona il sistema degli affari petroliferi”
Il pm Woodcock fu il primo ad avviare le inchieste sul “Totalgate”: a Potenza le indagini non arrivano mai a processo
La maledizione in Basilicata è: tante indagini, poche condanne
di Guido Ruotolo
Sono
tornate telecamere e microfoni. E il bivacco di giornalisti da oggi
affollerà di nuovo il palazzo di giustizia. Come ai vecchi tempi di
Henry John Woodcock, il pm anglonapoletano famoso per le sue retate
«eccellenti», dal fotografo di gossip Fabrizio Corona a Vittorio
Emanuele di Savoia. Proprio lui, Woodcock, con tre diverse inchieste
(2001, 2004, 2008) accese i riflettori su quelli che negli atti
giudiziari venivano definiti «gli affari petroliferi». Impressionante il
sistema di corruzione già scoperto quindici anni fa dal pm che poi
traslocò alla Procura di Napoli.
Il destino segnato
Va
subito detto che la maledizione di Potenza è che si fanno le indagini ma
non si celebrano i processi. I dibattimenti delle prime due inchieste
sugli «affari petroliferi» infatti sono stati sospesi con la
sopraggiunta prescrizione. Per la terza, il “Totalgate”, è iniziato il
processo di primo grado. Finora sono cambiati per tre volte i collegi
giudicanti per cui il dibattimento è stato azzerato per due volte. Anzi
ha rischiato di dover ripartire da zero un’altra volta per gli stretti
rapporti - pare di natura sentimentale - intrecciati dai due giudici a
latere. Comunque prima dell’estate anche “Totalgate” è destinato alla
prescrizione. Dunque nel 2008 il gip di Potenza ha accolto le richieste
di arresto anche dell’amministratore delegato di «Total Italia», Lionel
Lehva. E la stessa “Total” fu affidata in gestione commissariale a Piero
Sagona, storico consulente della Banca d’Italia. Quasi un anno senza
illeciti e violazioni del Codice penale, dall’aprile 2009 al febbraio
2010. Poi, a leggere le cronache giudiziarie di questi giorni, si è
tornati, per dirla con il gip di Potenza, «a pratiche antiche e
accettate».
Il “comitato d’affari”
Per Woodcock, gli
affidamenti degli appalti da parte del colosso petrolifero francese
erano «pilotati e predefiniti negli esiti dai protagonisti del “comitato
d’affari” costituito, appunto, dal management di “Total Italia”, da
imprenditori, da pubblici ufficiali, politici e faccendieri,
“istituzionalmente” deputati a mediare un numero indeterminato di
transazioni illecite». Rileggendo gli atti delle tre inchieste
colpiscono alcuni elementi che si ritrovano nelle diverse indagini. Il
punto di partenza è riassunto da Woodcock: «La corruzione e la
collusione tra potere economico, potere politico e frange deviate di
istituzioni dello Stato - persino i Vigili del fuoco, ndr -
costituiscono il modus operandi ordinario nel settore degli appalti
delle opere pubbliche. Il flusso di denaro pubblico rappresenta
l’occasione di corruzione e di arricchimento illecito a favore di
imprenditori senza scrupoli, faccendieri e funzionari pubblici
corrotti». Ma questo sistema di corruzione ambientale è solo della
Basilicata? Colpisce che in ogni inchiesta sono coinvolte politici e
funzionari pubblici, un’amministrazione comunale, una impresa locale.
Le gare truccate
Prendiamo
appunto l’inchiesta “Totalgate”. Al centro delle indagini del pm
Woodcock c’erano tre appalti: due per la fornitura del trattamento e
dello smaltimento dei fanghi di perforazione; un appalto per la
realizzazione del Centro Oli di Tempa Rossa. Bene, quelle gare furono
truccate. Il 20 dicembre del 2007 si precipita a Potenza
l’amministratore delegato di Total, Lionel Lehva, per «pianificare la
sostituzione delle buste contenenti le offerte»: «Quando si arriva -
registrano le cimici degli investigatori - a far vincere Ferrara
(l’imprenditore prescelto, ndr), è vinta». sempre Lehva detta le
incombenze da assolvere: «La busta D, dì che la cambino.... Ok?».
Buste sostituite
L’impresa
Ferrara, secondo l’intesa con i francesi, «deve sottoscrivere un
contratto di cinque anni di fornitura di olii lubrificanti e carburanti
per 15 milioni di euro. E Total si impegna a far vincere la gara per la
realizzazione del Centro Oli di Tempa Rossa all’Associazione temporanea
di imprese “Ferrara” «sostituendo fraudolentemente le buste contenenti
le offerte presentate e depositate alterando i verbali di gara».
Colpisce che tra gli attuali indagati di Potenza vi sia anche Roberta
Angelini, responsabile Sicurezza e Salute dell’Eni di Viggiano. Colpisce
perché fu arrestata per corruzione dal pm Woodcock nella inchiesta «Oro
nero» del 2004. Arrestata per corruzione, ma il processo è stato
prescritto. E, dunque, per l’Eni dirigente da promuovere. Infatti era
una specialista in autorizzazioni e relazioni pubbliche del distretto di
Ortona, nel 2004, quando imponeva alle ditte contrattiste l’assunzione
di certo personale su indicazione del sindaco di Calvello.