La Stampa 3.4.16
Renzi: “Siamo sotto attacco ma non ci faranno cadere”
Elogia
Marchionne: “Ha fatto più lui per i lavoratori che certi sindacalisti” E
vuole sostituire la Guidi in settimana. In pole Bellanova e De Vincenti
di Carlo Bertini
«A
ottobre la santa alleanza di quelli che sono contro di noi e contro il
cambiamento sarà spazzata via», pronostica Renzi riferendosi alla vera
posta in gioco, il referendum sulla riforma costituzionale. È sferzante
il premier con le opposizioni: anche se ad un certo punto del suo botta e
risposta con i giovani del Pd ammette «siamo sotto attacco e bisogna
rispondere punto su punto», delle mozioni di sfiducia non si mostra
preoccupato. «Non credo ci manderanno a casa neanche stavolta», scrive
nella sua enews. «Sanno perfettamente che l’unico modo per molti di loro
di restare aggrappati a una poltrona ben pagata è che questa
legislatura vada avanti: con la nuova legge elettorale e con le
preferenze, molti di loro non rientrerebbero in Parlamento nemmeno con
le gite scolastiche». Che il momento sia delicato però lo dimostra
l’offensiva mediatica del leader-segretario, che atterrato in Italia dal
viaggio negli Usa passa il pomeriggio insieme ai ragazzi della scuola
di formazione politica del partito. Dove tocca tutti i temi, incluso il
terrorismo, «per mesi ci hanno fatto credere che dovevamo bombardare in
Libia, una follia, noi abbiamo tenuto dritta la barra e oggi il
tentativo delle Nazioni Unite di creare un governo ha fatto un
passettino in avanti». E oggi sarà dalla Annunziata su raitre, alla
vigilia di una direzione Pd che non si annuncia facile.
Il partito si ricompatta
Come
sempre in questi casi, un partito «sotto attacco» però fa quadrato. La
querela a Grillo rientra in questa logica. «Chi ruba lo decidono le
sentenze e noi siamo perché i magistrati lavorino, ma quando uno scrive
che siamo tutti complici, collusi e con le mani sporche di denaro e
petrolio, ne risponde nelle sedi opportune». E se il clima è di assedio
va da sè che la minoranza Pd si schieri col governo: pur con i suoi se e
ma, come la decisione di Gianni Cuperlo di votare sì al referendum
sulle trivelle, al di là del dettato ufficiale del partito pro
astensione.
Il lavoro e la sinistra
Del resto il premier non
risparmia i fendenti, definisce le correnti Pd «spifferucci»: nel
lodare Marchionne, «ha fatto più lui, hanno fatto più certi imprenditori
per i lavoratori che certi sindacalisti», fissa i paletti prima di
affrontare il tema dell’energia. «La Chrysler era finita, finita. Obama
ci ha messo soldi perché i presidenti di sinistra credono negli
investimenti pubblici e Marchionne l’ha rimessa in moto. Per me è di
sinistra chi crea lavoro. Non arrivo a dire il “compagno” Marchionne, ma
se vuoi Paesi in cui ci sono fabbriche devi avere imprenditori che ci
credono e questo atteggiamento purtroppo in Italia la sinistra l’ha
respinto».
Detto ciò, per le trivelle e il quesito referendario la
musica è la stessa. «Il rischio è sprecare energia. Si può discutere di
non fare più impianti, ma dove ci sono io credo che sia giusto
continuare a tenerli in funzione», dice Renzi. Che pare voglia
archiviare al più presto l’affaire Guidi. Interim lampo e nomina del
nuovo ministro entro la settimana: c’è chi scommette che arriverà domani
in Direzione con la soluzione. Si fanno tanti nomi, specie di donne, ma
nei palazzi che contano i più accreditati restano quelli del
viceministro Teresa Bellanova e del sottosegretario di Palazzo Chigi
Claudio De Vincenti. Con beneficio di inventario, «perché il nome a
sorpresa, efficace anche sul piano della comunicazione, è sempre
possibile».