La Stampa 3.4.16
Quella rete di “amici” che puntava a fare affari
Il filo rosso dell’indagine che lega politici, manager e imprenditori
di Francesco Grignetti
C’è
un filo rosso che lega i capitoli della nuova inchiesta che sta facendo
tremare il governo. Un filo molto italiano: le amicizie con i potenti.
Già, perchè per il business è molto importante che ci sia un «amico»
dietro la scrivanie che contano. Così, quando la Total si scontra con la
nuova sensibilità ambientalista che è nata a Taranto, vedi l’inchiesta
sull’acciaieria Ilva, vengono sguinzagliati lobbisti a tutti i livelli.
Il manager Giuseppe Cobianchi si sfoga con Gianluca Gemelli, il
fidanzato della ministra: «Vediamo, speriamo bene... So che anche a
livello centrale con i ministeri, insomma, i colleghi di Roma hanno dei
contatti continui».
Cobianchi, peraltro, è lo stesso che viene
tartassato al telefono dalla sindaca dem Rosaria Vicino che gli
rinfacciava gli impegni presi circa l’assunzione nelle società
contrattiste dei suoi raccomandati: «Ti ricordo la Saipem, l’Italfluid e
la Bonatti... E poi ci sentiamo appena vieni». D’altra parte, per la
sindaca, è questione di vita o di morte. Il consenso, come le ha
insegnato il suo maestro in politica, l’ex Governatore Vito De Filippo,
attuale sottosegretario ala Salute, si conquista sul territorio. E
quando il nemico politico di De Filippo, il Governatore della Basilicata
Marcello Pittella, si affaccia da quelle parti, è guerra all’ultimo
sgarbo. «Oggi - dice al telefono il vigile urbano Giovanni Pagano -
viene il governatore Pittella, viene a Corleto, è venuto in piazza, non è
manco salito al Comune... Quello che riceveva prima da Vito De Filippo
oggi non lo riceve più. Cioè, lei non la fanno entrare in un
assessorato. Hai capito? È un sindaco come tutti gli altri».
L’inchiesta
condotta dal procuratore capo di Potenza, Luigi Gay, ci regala uno
spaccato disarmante degli intrecci tra politica e economia. Protagonista
assoluto è l’imprenditore Gianluca Gemelli, 42 anni, da Augusta
(Siracusa), il lobbista fai-da-te che si mette al servizio della Total
in cambio di subappalti. Figlio di un ufficiale della Marina militare - e
forse non è un caso che oggi risulti indagato il Capo di Stato
maggiore, l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi - Gemelli è partito da una
piccola azienda di giardinaggio e autonoleggio per ascendere ai vertici
di Confindustria-Giovani, di cui è stato vicepresidente. Galeotta fu
anzi quell’esperienza in Viale dell’Astronomia che lo vedeva al fianco
della presidente Federica Guidi. Oggi hanno un figlio in comune.
Fondamentale
per la sua carriera fu il passaggio per l’azienda dell’ex suocero, il
geometra Ricciardi, socio di Ivan Lo Bello in un’azienda che ha
realizzato impianti nel polo petrolchimico di Priolo. Gemelli diventa
presto presidente dei giovani industriali della provincia di Siracusa e
con la sponsorizzazione di Lo Bello, che è dapprima presidente di
Confindustria Sicilia, poi vicepresidente nazionale, infine presidente
delle Camere di Commercio, sbarca a Roma.
È lo stesso giro dove
troviamo altri due indagati, molto addentro ai retroscena della politica
e dell’economia italiana. Uno è il palermitano Nicola Colicchi,
imprenditore e ciellino, indagato nel lontano 2001 dalla procura di
Milano assieme a Massimo De Carolis, presidente della Compagnia delle
Opere di Roma e Lazio dal 2003 al 2009, poi nell’esecutivo nazionale,
presidente di un Osservatorio per il settore no-profit alla Camera di
Commercio di Roma.
L’altro è Valter Pastena, una lunga carriera di
dirigente statale alla Ragioneria generale dello Stato, in pensione da
un anno, collezionista di poltrone in quanto revisore dei conti di
innumerevoli società: dal collegio dei sindaci della Camera di Commercio
di Roma alla Federazione Gioco calcio. In quest’ultima veste si mette
in luce perché dà il suo benestare all’acquisto di ventimila copie del
libro del presidente Carlo Tavecchio.
Quando Gemelli deve muoversi
nei meandri delle leggine, è a Colicchi che si rivolge. Si fa spiegare,
ad esempio, gli effetti di un certo emendamento. E Colicchi spegne i
suoi entusiasmi: «No, non ce ne frega niente, quella era l’emendamento
già presentato da Abrignani (Ignazio Abrignani, Forza Italia ndr), che
evidentemente l’ha ripresentato, ma è una marchetta, evidentemente per
qualche impianto che a lui interessa...».
Altro spessore rivestiva
il famoso emendamento del governo, quello che la Guidi gli comunicava
in tempo reale e che lui notificava alla Total, che ha trasformato i
siti petroliferi, le pipe-line, i centri di stoccaggio in
«infrastrutture di interesse strategico nazionale». Federica Guidi lo
difende ancora oggi: «Rivendico l’importanza di quella norma per il
Paese». Maria Elena Boschi, pure. E che servisse solo a by-passare la
contrarietà degli enti locali e delle popolazioni, come a Taranto,
pazienza.