sabato 2 aprile 2016

La Stampa 2.4.16
Omicidio Regeni
Ora gli inglesi soffiano sulla crisi Italia-Egitto
I timori degli 007: Londra punta ai giacimenti dell’Eni
Dettagli e nuove foto nel dossier egiziano in arrivo a Roma
di Francesco Grignetti

Si avvicina il momento della verità per l’inchiesta sull’omicidio di Giulio Regeni. Il 5 aprile il team investigativo egiziano sarà a Roma, a incontrare i nostri. Al pomeriggio, poi, il ministro Paolo Gentiloni riferirà in Parlamento. E però le pressioni sul governo mettono a disagio Palazzo Chigi. In ambienti del governo si fa esplicito riferimento alla posta in palio: il mega-giacimento di gas scoperto dall’Eni nel Mediterraneo, in acque egiziane. Qualcuno ipotizza una manovra della Gran Bretagna per approfondire la frattura tra Italia ed Egitto in modo da defenestrare l’Eni e avvicinarsi così ai ricchi giacimenti di gas scoperti nel Mediterraneo. Emergono più elementi nell’alimentare il sospetto di un ruolo britannico nello sfruttare a proprio vantaggio la crisi fra Il Cairo e Roma innescata dal caso Regeni.
Le richieste italiane
In Italia, il pm Sergio Colaiocco ha incontrato ieri poliziotti e carabinieri, chiedendo di acquisire dagli egiziani i tabulati telefonici e il traffico di celle di una decina di persone tra cui amici e conoscenti di Giulio per ricostruire i suoi spostamenti nei giorni precedenti la sua scomparsa.
Il dossier egiziano
Molte risposte verranno dal dossier che gli egiziani stanno approntando; ne ha parlato diffusamente il quotidiano «Al Akhbar». Non ci sono però rivelazioni-bomba, come pure era sembrato. Non ci sono, per essere chiari, alcuna ammissione dei servizi segreti egiziani, né il risultato di pedinamenti che avrebbero dovuto cominciare dal primo giorno in cui Giulio mise piede al Cairo, e tantomeno fotografie che immortalino i suoi incontri semiclandestini con operai e sindacalisti. «Se è vero, l’Egitto ci ha detto frottole», riconosceva il presidente del Copasir, Giacomo Stucchi.
Il dossier - si legge sempre su «Al Akhbar» - raccoglie tutte le indagini fin qui svolte; «comprende numerosi documenti e informazioni importanti munite di foto dalla data di inizio dell’accaduto», e la ricostruzione «delle complesse relazioni della vittima», fino agli «incontri con operai egiziani ed alcuni sindacalisti per la sua ricerca». Non è chiaro se ci sono anche le fondamentali informazioni sui tabulati, e sui video di sorveglianza.
La gang dei rapinatori
Non manca un capitolo sull’uccisione dei banditi a New Cairo. E gli egiziani dovranno spiegare la storia inverosimile di questi documenti. «La parte egiziana - scrive sempre il quotidiano cairota - presenterà gli effetti personali del ricercatore italiano ritrovati al governatorato di Kalubia nell’abitazione della sorella del colpevole principale. Gli effetti sono: uno zaino di colore rosso con bandiera dell’Italia dentro il quale c’erano il passaporto di Giulio Regeni, una tessera dell’Auc (Università americana del Cairo, ndr), una tessera dell’Università di Cambridge , una carta Visa a nome di Giulio, e due cellulari». A parte, molto più cautamente del primo giorno, si indica che «sono stati anche ritrovati un portafoglio di pelle da donna con la parola Love, la somma di 5 mila lire egiziane, un pezzo oscuro di 15 grammi della sostanza di hashish, un orologio da donna di colore nero, tre occhiali da sole».
Gli amici della vittima
La procura di Giza ha sentito molti amici di Regeni. Tra gli altri, il professor Gennaro, docente di economia presso l’università britannica al Cairo: erano d’accordo per incontrarsi nel quartiere di Bab El Loq e andare insieme alla festa di compleanno di un loro amico, un docente. Gennaro ha atteso invano all’appuntamento, poi è andato a casa dell’amico dove si festeggiava il compleanno «e ha aspettato Regeni fino alle 23, però non si è presentato alla festa». Tramite la comune amica Noura, è stato chiamato il coinquilino Mohamed, che non era a casa, ma è rientrato per vedere se Giulio era in casa. A quel punto Gennaro ha contattato l’ambasciata.
La sindacalista
La procura ha sentito anche l’attivista del Centro egiziano per i diritti Economici e Sociali, Hoda Kamel. «Hoda lo aiutava nella sua ricerca sul campo riguardante i sindacati indipendenti, ha organizzato incontri con gli operai perché il ricercatore potesse completare il suo dottorato, e lo ha incontrato sei volte. L’ultima volta, sei giorni prima della scomparsa. Nell’ultimo incontro hanno discusso del reddito minimo degli operai».