La Stampa 2.4.16
Tornano a crescere i disoccupati
A
febbraio +0,1% però c’è un calo dello 0,1% fra i giovani. Si riducono le
assunzioni stabili Negli Stati Uniti l’economia corre: a marzo creati
215.000 posti, più delle attese degli analisti
di Luigi Grassia
La
ripresa economica italiana arranca, gli incentivi alle assunzioni sono
dimezzati e così torna a crescere il numero dei disoccupati. L’Istat
rileva un tasso di disoccupazione dell’11,7%, in aumento di 0,1 punti
rispetto a gennaio. Non è molto, ma in teoria dovremmo essere in
ripresa. In numeri assoluti l’Istat stima che i disoccupati a febbraio
siano 7.000 in più. Resta favorevole la prospettiva sui dodici mesi,
visto che nell’anno i disoccupati diminuiscono di 136 mila.
Ma un
problema emerge considerando non il numero dei disoccupati ma quello
degli occupati: a febbraio ce n’erano 97 mila in meno, soprattutto a
causa dei lavoratori permanenti. E per i dipendenti a tempo
indeterminato questo è il primo calo dall’inizio del 2015. Spiega
l’Istat che «dopo la forte crescita registrata a gennaio 2016 (+0,7%,
pari a +98 mila) presumibilmente associata al meccanismo di incentivi
introdotto dalla legge di stabilità 2015», il riflusso di febbraio
riporta i dipendenti permanenti ai livelli di dicembre 2015.
È
positivo che a febbraio ci siano 96 mila occupati e 238 mila dipendenti a
tempo indeterminato in più rispetto ai dodici mesi precedenti. La
crescita su base annua è dello 0,4% mentre calano sia i disoccupati
(-4,4%) sia gli inattivi (-0,7%). Nell’anno i dipendenti a termine
diminuiscono di 39 mila e i lavoratori indipendenti di 103 mila.
Ci
sono anche altri numeri da considerare. Il tasso di inattività a
febbraio sale al 36% (+0,2 punti da gennaio) con una forte differenza di
genere: per le donne è al 46,1% (+0,3 punti) mentre per gli uomini è
del 25,8% (+0,1 punti).
In positivo si nota un calo del tasso di
disoccupazione giovanile: diminuisce al 39,1% cioè -0,1 punti rispetto
al mese precedente. Ma la forza lavoro italiana è sempre più anziana. A
febbraio 2016 ci sono 286 mila occupati con più di 50 anni rispetto
all’anno precedente (+3,9%) e 17 mila in più rispetto a gennaio (+0,2%) a
fronte di cali nelle fasce di età centrali (tra i 25 e i 49 anni) di
210 mila persone nell’ultimo anno e 125 mila nel mese. Fra gli
ultra-cinquantenni gli occupati sono 7,6 milioni mentre i disoccupati
sono 478 mila, in calo di 49 mila rispetto a gennaio e di 27 mila
rispetto al febbraio 2015.
Come commentare i numeri dell’Istat? Il
ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, dice che «dopo i dati positivi
di gennaio, quelli di febbraio indicano che il mercato del lavoro
continua a registrare oscillazioni congiunturali legate a una situazione
economica che presenta ancora incertezze. Queste oscillazioni non
modificano, comunque, la tendenza positiva dell’occupazione nel medio
periodo». Invece per Renata Polverini (Forza Italia) «i numeri attestano
l’inutilità del Jobs Act. Siamo di fronte all’ennesimo fallimento delle
politiche economiche e sociali del governo, non bastano misure tampone
per creare opportunità e sviluppo». Secondo il Movimento Cinque Stelle
«i numeri dimostrano che il Jobs Act è solo un bluff. Il lieve
incremento dell’occupazione nei mesi scorsi è stato dovuto solo agli
sgravi contributivi per le assunzioni a tempo indeterminato, che ora
sono stati dimezzati. Questo ha annullato i pochi effetti del Jobs Act».
Tutto
un altro mondo gli Stati Uniti, dove l’economia nel mese di marzo ha
creato 215.000 posti di lavoro, cioè più delle attese degli analisti che
nel stimavano 205.000. Il tasso di disoccupazione è salito al 5% (dal
4,9% di febbraio) ma solo perché più persone si sono sentite
incoraggiate a cercare un impiego. Cinica la reazione delle Borse: gli
indici sono andati giù perché più posti di lavoro significa tassi di
interesse in rialzo in un una prospettiva più ravvicinata.