La Stampa 28.4.16
Il presidente del Pd campano parlava da mesi con l’uomo dei clan
Telefoni
e pc di Graziano allo studio degli investigatori per rispondere a una
domanda: sapeva che l’imprenditore Zagaria era vicino ai Casalesi?
di Guido Ruotolo
Incontri
ravvicinati, prima delle elezioni per chiedere voti e poi, dopo essere
stato eletto al Consiglio Regionale, per ringraziare dei voti ricevuti.
Una marea di consensi inaspettati, che lo hanno portato ad essere
secondo degli eletti, dopo la cocente sconfitta alle «parlamentarie» che
lo avevano escluso dalla candidatura alle politiche. Voti «pesanti» a
Casapesenna, Trentola Ducenta, Casal di Principe, il triangolo
dell’impero del male del boss Michele Zagaria. Al centro del nuovo
filone delle indagini ci sono i rapporti tra Stefano Graziano, il
dirigente del Pd Campania e presidente del Consiglio Regionale, e
l’imprenditore della ristorazione Alessandro Zagaria, ritenuto ufficiale
di collegamento tra la politica locale e «il clan dei Casalesi fazione
Zagaria».
I carabinieri hanno segnalato alla Procura antimafia che
i rapporti tra i due sono continuati nel tempo. Non solo sono iniziati
prima della elezione del Consiglio Regionale della Campania (31 maggio
2015), ma sono proseguiti anche in questi mesi. Gli investigatori hanno
verificato anche il numero delle preferenze ottenute dal candidato
Graziano, registrando dei picchi anomali nei comuni del clan Zagaria.
Ma
la posizione dell’esponente Pd, indagato per concorso esterno
all’associazione camorrista, non è ancora definita. Tutto il materiale
informatico (computer, tablet e smartphone) sequestrato nella
perquisizione dell’altro giorno, deve essere ancora analizzato dagli
esperti dei carabinieri e della finanza. Posizione sospesa, la sua, nel
senso che non sono sufficienti gli elementi finora raccolti per chiedere
il suo arresto o il processo ma solo per indagarlo, per il momento.
L’ipotesi investigativa è che lui si sia proposto come referente
politico dei Casalesi attraverso l’imprenditore Zagaria, la cui
posizione si aggrava. Sempre più compromesso per i suoi rapporti con
Gomorra, Zagaria, per l’accusa, stringe «rapporti illeciti di tipo
corruttivo con esponenti politici locali».
Ma Stefano Graziano
poteva non sapere che Alessandro Zagaria, imprenditore incensurato,
fosse un esponente dei Casalesi? I pm napoletani, coordinati dal
procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, vogliono sciogliere questo
interrogativo. Colpisce, però, che l’esponente politico abbia chiesto
voti a un imprenditore e non magari al sindaco di Santa Maria Capua
Vetere. Di certo, gli altri indagati sussurrano tra di loro che Zagaria
era un «Casalese». E la Procura potrebbe depositare nuove prove sui
legami di Alessandro Zagaria con il clan.
Ieri intanto sono
iniziati i primi interrogatori in carcere dell’imprenditore della
ristorazione e dell’ex sindaco di Santa Maria Capua Vetere, Biagio Di
Muro, accusati di corruzione, turbativa d’asta, falso, con l’aggravante
di aver favorito la fazione Zagaria dei Casalesi. Zagaria si è avvalso
della facoltà di non rispondere mentre l’ex sindaco Di Muro si è difeso.
Nell’inchiesta
sui lavori di ristrutturazione del palazzo storico di Santa Maria Capua
Vetere, Teti Maffuccini, confiscato al padre del sindaco,
amministratore locale a sua volta finito in carcere per tangentopoli,
gli inquirenti si sono imbattuti in Stefano Graziano che doveva cercare
di far spostare nel bilancio dei fondi necessari per finanziare i lavori
di ristrutturazione dello storico palazzo. A chi si rivolse al
ministero dell’Interno?