La Stampa 27.4.16
Bundesbank all’attacco. Ora Weidmann accusa l’Italia
“L’Italia ha violato i patti. Regole Ue violate troppo spesso”
di Alessandro Barbera
«Sono
appena tornato da quattro bellissimi giorni di vacanza a Napoli, dove
ho spiegato a mio figlio il modo in cui funzionano le regole da quelle
parti». Affabile come solo certi italiani sanno esserlo, Jens Weidmann
accoglie gli invitati all’ambasciata tedesca da padrone di casa. È a
Roma in tour diplomatico e per chiarire alcuni messaggi dopo l’inusuale
difesa di Mario Draghi dagli attacchi del «suo» ministro delle Finanze,
Wolfgang Schaeuble. Elogia l’Italia per il Jobs Act e il Fondo Atlante,
la critica per l’«eccessivo ottimismo» sul futuro dell’Unione e per aver
«violato più volte le regole del Patto di Stabilità». Cita Tommaso
Padoa Schioppa, e però si conferma pessimista sulla effettiva volontà
dei Paesi dell’area euro a cedere più sovranità. Si dice d’accordo con
Draghi sulla necessità di «misure non convenzionali» per far ripartire
l’economia, ma difende la proposta tedesca di un tetto al possesso di
titoli di Stato da parte delle banche.
«La storia ci insegna
quanto sia anomalo credere di poter mantenere un’unione monetaria senza
un’unione politica». O «gli Stati trasferiscono in Europa la
responsabilità per le questioni di bilancio, oppure continuano ad avere
piena sovranità, sopportando le conseguenze». Ad ascoltare Weidmann ci
sono i vertici della Banca d’Italia, parlamentari, accademici, manager
di Stato, vecchie glorie come Gianni Letta e Franco Tatò. Il discorso si
intitola «solidità e solidarietà in Europa». Una parola - solidarietà -
«che in tedesco è difficile da tradurre», ricorda l’ambasciatrice
Wasum-Rainer. Il senso del discorso non si discosta dal documento
firmato con il collega francese Villeroy de Galhau, e si conferma in
dissenso con la linea italiana. «Padoan ritiene che la condivisione dei
rischi e delle responsabilità rappresentino incentivi a rispettare le
regole, io non sarei tanto ottimista». Per avere una maggiore
condivisione dei rischi - dice Weidmann - occorre ridurre il livello dei
rischi. Quali? Quello bancario, ad esempio. Weidmann insiste sulla
proposta tedesca bocciata all’ultimo Ecofin e contestata in una domanda
successiva dal numero due di Banca d’Italia Fabio Panetta: «Oggi i
titoli di Stato da loro posseduti vengono considerati privi di rischio.
La crisi ha evidenziato che questa ipotesi è assurda. Introducendo un
tetto i mercati sarebbero costretti a considerare di più i profili di
rischio dei singoli Stati». E i Paesi con i conti in disordine
«dovrebbero accollarsi premi crescenti». Da quando esiste l’Unione
monetaria «le regole del Patto sono state più spesso violate che
rispettate», «fra questi l’Italia», ma «anche la Germania nel periodo
2003-2004». Per dirla in italiano, per ottenere più solidarietà occorre
più responsabilità: «Renzi ha dichiarato che la politica fiscale
italiana viene fatta a Roma e non da Bruxelles. Ecco, in un’unione
fiscale questo cambierebbe».
Weidmann è uomo ambizioso. Ormai da
mesi è impegnato in una strategia di accreditamento per concorrere alla
successione di Draghi alla guida della Banca centrale europea. Vista da
qui è una scadenza lontana - il mandato del governatore italiano scade a
fine 2019 - ma i tedeschi pianificano le strategie con largo anticipo.
Non a caso Weidmann difende di nuovo il collega, lo cita per ribadire
che «da sola la politica monetaria non basta» e il no alle ipotesi più
estreme di allentamento monetario. I problemi dell’economia europea
«sono strutturali e non congiunturali. Per questo «sono importanti
riforme come il Jobs Act» o «la costituzione del Fondo Atlante per
assorbire i crediti in sofferenza». I presenti applaudono, il buffet è
servito.