La Stampa 27.4.16
Camorra e appalti, indagato il leader del Pd in Campania
di Guido Ruotolo
Napoli,
secondo l’accusa Stefano Graziano chiese voti ai clan alle regionali
Affondo del sindaco De Magistris: “La rottamazione non è mai cominciata”
Sembrava
una storia di ordinaria corruzione a Santa Maria Capua Vetere. Con al
centro un appalto per la ristrutturazione di un palazzo storico. Quindi,
le solite mazzette e alcuni «colletti bianchi» invischiati. infine il
clan dei casalesi, un ex sindaco Biagio Di Muro, nove arrestati con
accuse pesanti dalla corruzione, alle tangenti, al falso. Poi, invece, a
scatenare l’ennesimo terremoto politico è stata la notizia che tra gli
indagati c’è pure Stefano Graziano, presidente del Pd campano e
dell’assemblea regionale accusato di concorso esterno in associazione
camorristica. L’ipotesi di reato secondo il pm Giuseppe Borrelli
riguarda alcune conversazioni intercettate tra il ristoratore Alessandro
Zagaria, che sarebbe l’anello di congiunzione tra clan e politici
corrotti e l’ex sindaco Di Muro. Nelle conversazioni, secondo le accuse,
proprio Graziano (che si è autosospeso dal Pd e e dimesso dalla
presidenza dell’assemblea regionale) avrebbe chiesto appoggio elettorale
e in cambio sarebbe diventato «punto di riferimento
politico-amministrativo» del gruppo Zagaria dei casalesi. Un’accusa che
Graziano respinge ma che ha scatenato l’ennesimo tsunami politico. Il
primo ad aprire il fuoco, in piena campagna elettorale per Palazzo San
Giacomo, è proprio il sindaco Luigi De Magistris: «La rottamazione di
Renzi non è mai cominciata. Noi da anni ci stiamo battendo per sradicare
i rapporti tra la camorra e la politica». E non ci vanno per il sottile
nemmeno la Lega, che con Calderoli dice che ormai «ogni giorno uno
scandalo travolge il Partito democratico» e il Movimento 5 Stelle che
sia con Di Maio che con Fico parlano di «un Pd distrutto e permeabile a
qualsiasi infiltrazione».
Il tutto a poche settimane dal voto amministrativo e dal dibattito sulla riforma del processo penale.
Fin
qui, il duello politico poi l’inchiesta. Nell’ordinanza di custodia
cautelare, a proposito della corruzione per l’assegnazione dell’appalto
dei lavori di ristrutturazione del palazzo storico viene riassunto: «In
tutte le conversazioni registrate gli interlocutori non discutono solo
delle somme da pagare ma fanno riferimento alla tangente quantizzata in
euro 70.000 da versare ad Alessandro Zagaria, Biagio Maria Di Mauro e
Roberto Di Tommaso, ed euro 30.000 a Vincenzo Mannocchio (il membro
della commissione aggiudicatrice dell’appalto, ndr)».
Il
meccanismo corruttivo è talmente oleato che, scrive il gip a proposito
di una intercettazione ambientale, chi conduce il gioco «vuole dare
l’avvio ai lavori in attesa delle determinazioni ministeriali sul
passaggio dei fondi con cui finanziare le opere».