La Stampa 21.4.16
Dietro l’offensiva dell’Unione la regia del tedesco Oettinger
Così lo scontro che divide l’Atlantico è cresciuto negli ultimi due anni
di Massimo Russo
Stati
Uniti ed Europa hanno culture diverse: «Da loro è permesso tutto ciò
che non è vietato. Da noi è vietato tutto ciò che non è permesso».
La
frase di Günther Oettinger, il 62enne commissario europeo per
l’economia e la società digitale, fa capire il clima nel quale si svolge
il confronto tra Google e l’Unione. Una vicenda nella quale il
procedimento per il presunto abuso di posizione dominante per il sistema
operativo Android non è che l’ultimo capitolo. Una sfida che costringe
la società americana «a impiegare una parte crescente della propria
energia nel rapporto con le istituzioni, invece che nell’innovazione di
prodotto». E, come notava in uno sfogo qualche giorno fa un manager di
spicco dell’azienda, «Questo semplicemente non va bene».
Il fronte
aperto ieri dalla Commissione fa parte di una guerra economica tra le
due sponde dell’Atlantico che vive una recrudescenza proprio quando
Google pensava si potesse andare verso un armistizio. Un conflitto che
vede in cabina di regia il sistema industriale tedesco e la politica che
ne tutela i legittimi interessi, con la partecipazione - di volta in
volta - degli altri Paesi dei 28 e degli organismi dell’Unione. Chi
pensa che la posta in palio sia l’antitrust, la pubblicità, la privacy,
il commercio elettronico, l’oblio, le tasse, si ferma al dito e
tralascia la luna, il disegno complessivo. Un quadro che assume
significato solo formulando domande diverse: l’auto che si guida da sola
sarà progettata nella Silicon Valley o in Baviera? Il sistema che
governerà le transazioni finanziarie dei nostri borsellini elettronici
avrà sede a Francoforte o negli Stati Uniti? E le informazioni, che una
volta interpretate con la scienza del big data permettono di elaborare
modelli di business innovativi che scardinano le industrie esistenti, su
quale sponda dell’Oceano risiederanno?
Gli Usa negli ultimi
vent’anni, attraverso un mercato unico di 300 milioni di abitanti e
l’innovazione digitale, hanno saputo sovvertire le regole novecentesche
dell’economia per creare una generazione di imprese piattaforma, capaci
di crescite esponenziali: Airbnb non ha neppure una camera d’albergo ma
vale più della catena ricettiva Marriott, YouTube pubblica 300 ore di
video ogni minuto, più di ogni altra major, eBay e Amazon sono negozi al
dettaglio senza necessità di possedere il magazzino. Nessuna di queste
aziende è nata in Europa, che pure ha una popolazione di 500 milioni di
persone.
Il cambio di passo nello scontro tra Google e Unione
risale all’autunno del 2014, quando si chiuse la stagione del 68enne
commissario alla Concorrenza Joaquin Almunia. In due occasioni Almunia
era stato a un passo dal siglare un accordo con il motore di ricerca
sulla prima vertenza antitrust, sul presunto abuso di posizione
dominante nel commercio elettronico. Ma in entrambi i casi i ricorrenti
si erano opposti. La nuova Commissione, con l’arrivo di Oettinger e
della 48enne danese Margrete Vestager alla Concorrenza, ha portato a un
mutamento di scenario e al muro contro muro. In venti mesi, malgrado i
toni pacati di Oettinger, «Sul digitale non c’è una battaglia tra Europa
e Stati Uniti», l’escalation è stata significativa: la chiusura di
Google News in Spagna, il pronunciamento del parlamento di Strasburgo
che ha ipotizzato di smembrare Google, l’offensiva delle autorità
nazionali sulle tasse, fino all’apertura del nuovo caso di ieri.
Google
ha reagito cercando di abbassare i toni e di uscire dall’angolo: Matt
Brittin, 48 anni, presidente europeo dell’azienda, la scorsa estate ha
ammesso alcuni errori di comunicazione: «Non sempre abbiamo fatto le
cose giuste. Capiamo che in Europa c’è una mentalità diversa».
Non
più tardi di due mesi fa è stato il nuovo amministratore Sundar Pichai,
43 anni, a venire in visita a Bruxelles con un ramoscello di ulivo.
Pichai, di origini indiane, prima di arrivare al vertice è stato il
creatore del browser Chrome e ha guidato lo sviluppo di Android. Per
contrappasso nel 2009 appoggiò le argomentazioni che portarono alla
sanzione antitrust europea contro Microsoft. Ma quello, dicono oggi
dalla società sotto accusa, era un caso diverso. Android non solo non ha
limitato la concorrenza, ma anzi ha portato crescita anche in Europa.
Secondo uno studio di Deloitte, commissionato da Google, lo sviluppo di
applicazioni per Android ha generato direttamente in Europa 439.000
nuovi posti di lavoro. Cifre avvalorate dal Progressive policy
institute, secondo il quale l’economia delle app, di cui Android è
parte, ha portato alla creazione di un milione e mezzo di nuovi impieghi
nell’Unione.
Di certo gli incontri di Pichai con Vestager e
Oettinger non sono serviti a convincere la Commissione. Anzi, contro
Google proprio in queste settimane sta maturando un nuovo attacco,
stavolta da un gruppo di editori con in prima fila il tedesco Axel
Springer: la Commissione ha aperto una consultazione sui diritti
ancillari del copyright che si concluderà a giugno e che potrebbe
portare a una tassa sul link e sui brevi testi che compaiono nella
pagina dei risultati del motore. Oettinger ha già dichiarato di essere
aperto sulla questione e di voler arrivare a una legge entro fine anno.
Come dite? Senza libertà di link il web non esisterebbe? Questo è un
effetto collaterale che pare non turbarlo troppo.