giovedì 21 aprile 2016

La Stampa 21.4.16
Gli ostacoli imprevisti verso il voto
di Marcello Sorgi

La lunga vigilia delle elezioni amministrative, giunta ormai al giro di boa della presentazione delle liste, sta per produrre il miracolo del ritorno all’unità del centrodestra. Frammentata in Parlamento e nel Paese, divisa in tre tronconi, uno al governo (Ncd), uno in maggioranza (Verdini) e uno all’opposizione, a sua volta con Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Fitto (Conservatori e riformisti) separati in casa, la ex coalizione berlusconiana è pronta a riunificarsi a Roma sul nome di Giorgia Meloni. Complici il successo della candidatura Parisi a Milano, che rosicchiando posizione dopo posizione e con l’appoggio (che nella Capitale non ci sarebbe) del Nuovo centrodestra di Lupi, è avanti nei sondaggi rispetto a quella di centrosinistra di Sala; e l’arrampicata, sempre nei sondaggi, della stessa Meloni, giunta ormai al secondo posto a un’incollatura da Virginia Raggi, la 5 stelle che sembrava senza rivali.
Si sa: con Berlusconi occorre sempre andarci cauti, perché l’ex Cavaliere ha sempre un ripensamento dell’ultima ora e in questo caso dovrebbe pure scaricare Bertolaso.
E il candidato di Forza Italia proprio in questi giorni ha ricoperto gli spazi espositivi della propaganda in città con manifesti 6 per 3 col suo viso. Ma Berlusconi, dopo aver patito (e mai digerito) la rottura con Salvini e con Fratelli d’Italia, che inizialmente avevano siglato l’intesa sull’ex capo della Protezione civile e poi l’avevano fatta saltare, rischia di dover fronteggiare una secessione del corpaccione romano del suo partito, dato che con le percentuali che i sondaggi assegnano a Bertolaso la prospettiva sarebbe di eleggere uno solo, o un paio di consiglieri comunali al massimo.
Come farà Berlusconi a convincere a ritirarsi l’amico Guido, che ci perderebbe la faccia, anzi il faccione dei manifesti, sarà affar suo, anche perché Bertolaso continua a dire che andrà fino in fondo e l’ex Cavaliere lo ha sostenuto su questa linea. Ma non ci sono tante alternative alla dura legge dei numeri. La Meloni, sostenuta da tutto il centrodestra, andrebbe sicuramente al ballottaggio e potrebbe perfino essere eletta sindaca, se riuscisse a mobilitare un elettorato, come quello della Capitale, stanco e disilluso, che la volta scorsa al secondo turno fece segnare un’affluenza ai seggi di appena il 30 per cento ed elesse Marini con poco più della metà.
La novità, che ieri circolava e benché non ufficiale veniva data per scontata, sta gettando allarme nelle file del centrosinistra. Con Sala che non sfonda a Milano (per via della resistenza degli elettori di sinistra, orfani del sindaco Pisapia), e con Giachetti terzo nei sondaggi che a Roma rischia di uscire dalla corsa al primo turno, nelle due principali metropoli in cui si vota il Pd realmente potrebbe uscire battuto. Inoltre, a differenza del centrodestra, non c’è alcuna possibilità che il centrosinistra ritrovi a sua volta l’unità e Fassina, candidato della sinistra radicale che all’inizio della pagina elettorale aveva annunciato che al secondo turno avrebbe potuto dirottare i suoi voti verso il Movimento 5 stelle, si ritiri prendendo posizione a favore di Giachetti.
Le cose non vanno meglio a Napoli, dove è in forte recupero il sindaco De Magistris, che in occasione dell’ultima visita di Renzi per dare il via al recupero di Bagnoli non ha voluto neppure sedersi al tavolo con lui in prefettura, facendogli organizzare contro una manifestazione, finita in scontro con la polizia. Insomma il quadro che si sta delineando non è affatto positivo per il premier, che sperava di tenersi a distanza da una tornata elettorale non incoraggiante per il governo, puntando tutto sul referendum costituzionale di ottobre, e invece dovrà ripensarci.