La Stampa 20.4.16
Palazzo Chigi irritato con i tecnici di via Arenula
Un’altra lite con i magistrati dietro il rinvio dei rimborsi per le quattro banche fallite
di Alessandro Barbera
Nella
guerra sotterranea fra Renzi e la magistratura c’è un tassello di cui
si parla poco. Dopo svariati rinvii, per il decreto sui rimborsi delle
banche fallite doveva essere la volta giusta. Il termine fissato dalla
legge di Stabilità per riconoscere un risarcimento agli obbligazionisti
di Etruria, Carichieti, Cariferrara e Cassa Marche è scaduto il trenta
marzo. Da Washington Padoan era stato chiarissimo: «La prossima
settimana ci sarà il provvedimento». E invece anche questa scivolerà via
senza aver risolto un problema politico che pende sulla testa di Renzi
come una sciabola. Ufficialmente è un problema di agende: oggi il
premier è in partenza per il Messico, ed è impensabile approvare un
decreto del genere senza di lui, dicono da Tesoro e Palazzo Chigi.
Diverse fonti confidenziali raccontano una versione diversa: al decreto
manca il via libera del ministero della Giustizia ad un pezzo di
provvedimento, quello che serve a velocizzare le procedure fallimentari e
di recupero dei crediti delle banche.
Non è chiaro se le ragioni
del rinvio abbiano a che vedere con i tempi tecnici per la definizione
del testo o per uno scontro in atto fra uffici. Fatto è che il premier è
irritato, più che con il collega ministro, con la sua struttura
tecnica, composta essenzialmente da magistrati. La questione sta creando
imbarazzo anche alla Banca d’Italia che ha dato più volte per imminente
il pacchetto. «Immagino sia questione di giorni», abbozzava ieri di
fronte ai senatori della Commissione Finanze il governatore Ignazio
Visco.
Per Renzi la faccenda dei rimborsi delle quattro banche
fallite è una spina acuminata: Etruria era la banca simbolo della sua
Regione, e dalle parti di Arezzo gli obbligazionisti organizzano
riunioni regolari per lamentare il ritardo del governo e attaccare i
vertici locali del Pd. Ma su quel punto la faccenda è risolta: il
governo è riuscito ad ottenere il sì dell’Europa a rimborsi pieni
quantomeno per i clienti degli istituti. Mancava - e manca - l’ok della
Giustizia alle «sue» norme. Norme che - questo raccontano fonti
parlamentari ben informate - «non sono state condivise granché con gli
altri palazzi».
Non è la prima volta che il governo è costretto
allo stop. Già il mese scorso, nei giorni precedenti l’approvazione
della riforma delle banche cooperative sembrava tutto pronto per il sì
di Via Arenula. Poi, improvviso, lo stralcio. La materia è in effetti
complessa, e in parte anticipa la riforma del diritto fallimentare
prevista da una legge delega. Ma fra Tesoro, Palazzo Chigi e Banca
d’Italia c’è la comune consapevolezza di quanto sia urgente mandare un
segnale ai mercati. Un’urgenza che non sembra condivisa dalle parti di
Via Arenula.