mercoledì 20 aprile 2016

La Stampa 20.4.16
Il risultato referendario nelle città ora spaventa i candidati sindaco Pd
Al ballottaggio di Roma Marino vinse con meno voti dei Sì
di Paolo Festuccia

C’è chi dice che gli oltre 13 milioni di «si» al referendum sulle trivelle non rappresentino tutti un «no» al governo Renzi; e chi invece nel leggere i dati avvisa il segretario del Pd sui i rischi che corre in vista delle prossime elezioni amministrative. Ma al di là del dibattito tra vinti e vincitori, che pure è essenziale in politica, le possibili «proiezioni» del voto referendario confrontate con i numeri usciti dalle ultime urne amministrative, di Napoli, Roma fino a Milano qualche spunto di riflessione in più al dibattito di queste ore certamente lo offrono. A partire proprio dai numeri. In questo senso un dato interessante (e forse eclatante) è quello di Roma dove domenica scorsa si sono recati ai seggi 728mila e 201 cittadini, il 34,75 per cento degli aventi diritto, ovvero il 29,19 per cento in meno rispetto ai votanti nel ballottaggio che portò alla vittoria Ignazio Marino contro Gianni Alemanno. In quella circostanza l’ex sindaco del Pd vinse con 664mila 490 preferenze, mentre domenica tra «si» e «no» i voti referendari romani sono stati 728mila 201. «Questo non significa - spiega il politologo Roberto D’Alimonte - che tutti quelli che sono andati al voto e abbiano votato per il “si” siano contro Renzi. E comunque non ci sono prove che sia accaduto questo». E se proprio si cercano le prove, aggiunge D’Alimonte, «queste si trovano nei flussi elettorali degli ultimi anni, che ci dicono che il rischio maggiore per il pd e Renzi è nella seconda preferenza, e quindi, proprio nei ballottaggi». E già, aggiunge D’Alimonte, «perché il trasversalismo del voto dei 5Stelle unito ad eventuali buoni candidati può portare gli altri partiti e gli elettori del secondo turno a “coalizzarsi” contro il candidato renziano». Sia a Roma, ma anche nelle altri grandi città italiane dove si andrà a votare. La differenza, infatti, tra i voti ottenuti dal «si» e i sindaci vincenti al secondo turno a Milano è superiore di 84mila voti mentre a Napoli è inferiore di oltre 50mila voti.
A questo dato sostiene Antonio Noto di Ipr Marketing, se ne deve aggiungere un altro, «e cioè che la percentuale dei votanti alle ultime amministrative da tempo si è attestata tra il 50-55% degli aventi diritto. E quindi va da sè che il 31,19 per cento dell’affluenza al referendum, se messo in relazione alle amministrative, non solo si rafforza ma rischia di incidere notevolmente per almeno il 35-40% sull’esito finale della consultazione». Ora è chiaro che solo in parte il voto referendario può essere in dissenso a Renzi, ma «certamente - sottolinea Noto - questo dato si è consolidato ormai come uno zoccolo duro». Uno zoccolo duro «anti-renzi che può aumentare ma non può diminuire», conclude il sondaggista.
Anche in virtù di queste analisi, riprende D’Alimonte, «il caso più interessante da studiare sarà proprio Torino. Qualora il sindaco uscente dovesse contendersi il risultato finale al ballottaggio con un candidato dei 5Stelle».