La Stampa 19.4.16
Cina
La robot delle caverne
di Massimo Gramellini
Le
mejo teste maschie della Cina - scienziati, ingegneri, inventori -
lavorano per anni al progetto di un robot rivoluzionario. Ci gettano
dentro tanto di quel denaro che basterebbe a ripianare un paio di debiti
pubblici della vecchia Europa. Utilizzano le tecnologie più avanzate, i
materiali più sofisticati. Infine partoriscono quanto di più prossimo
all’essere umano sia mai stato fabbricato da un essere umano. Jia Jia,
graziosa China Girl che sembra viva e non solo nell’aspetto: dialoga,
ride, arrossisce persino, muovendo le labbra in sincronia con quello che
dice… Già, ma che cosa dice? Ecco le prime, storiche parole da lei
rivolte al suo ideatore, Chen Xiao Ping, durante la presentazione alla
stampa.
«Sì, mio signore, cosa posso fare per te?».
Se
l’hardware che fa muovere Jia Jia è da terzo millennio, il software che
la fa parlare rimane orgogliosamente aggrappato all’età della pietra.
Perché passano le ere, ma il sogno neanche troppo segreto del maschio
(orientale?) resta invariato: farsi servire e possibilmente riverire da
una femmina devota e sottomessa. Faticando ormai anche loro a reperirla
nella realtà, i cinesi hanno pensato bene di fabbricarsela. Si attende
con una certa curiosità la contromossa delle scienziate.