La Stampa 18.4.16
Sanders condanna muri e xenofobia
“Europa e Usa accolgano più siriani”
Il senatore democratico: serve compassione, aiutare i rifugiati è un nostro dovere morale
di Paolo Mastrolilli
«In
America e in Europa dobbiamo superare gli ostacoli politici, come le
forze della paura e della xenofobia, e fare ciò che è giusto per i
rifugiati».
Al ritorno dal suo viaggio lampo a Roma, Bernie
Sanders commenta i temi della visita in Vaticano, conclusa con un breve
incontro privato con Papa Francesco alla residenza di Santa Marta. Il
senatore sta riprendendo di corsa la campagna per le primarie di New
York, dove si vota domani, ma allarga le proprie riflessioni oltre i
temi della conferenza sull’enciclica Centesimus Annus a cui ha
partecipato, e oltre le questioni della tattica politica quotidiana.
Papa
Francesco sabato è stato sull’isola greca di Lesbo per affrontare la
questione delle migrazioni, che rappresenta un’emergenza tanto negli
Stati Uniti quanto in Europa, legata alle guerre e alla povertà. Poche
settimane fa, Francesco ha detto che la soluzione a questo problema non
può stare nella costruzione di muri, come ha suggerito invece il
candidato presidenziale repubblicano Trump. Secondo lei quale sarebbe
l’approccio giusto per gestire la crisi, negli Usa e in Europa?
«Io
credo che abbiamo la responsabilità morale di aiutare le persone più
vulnerabili tra di noi, e ci sono pochi esseri umani più vulnerabili dei
rifugiati che scappano dagli orrori della guerra e della povertà. Gli
sfollati costretti a fuggire dalle loro case hanno visto già abbastanza
durezza, e hanno bisogno di compassione. In America, così come in
Europa, dobbiamo dare del nostro meglio per superare gli ostacoli
politici, incluse le forze della paura e della xenofobia, e fare ciò che
è giusto. Io sostengo gli sforzi del presidente Obama per accogliere
più rifugiati dalla Siria, e voglio costruire su questi sforzi».
Durante
l’ultimo dibattito di giovedì scorso con Hillary Clinton, lei ha messo
in discussione il giudizio dell’ex segretario di Stato, quando aveva
spinto per l’intervento militare che poi aveva portato al rovesciamento
di Gheddafi. La Libia ora è un punto di partenza per i migranti che
cercano di raggiungere l’Italia e l’Europa, e una base sempre più grande
per l’Isis, che ha minacciato apertamente di colpire proprio il
Vaticano. Lei cosa pensa che dovrebbero fare gli Stati Uniti per aiutare
a stabilizzare il Paese, adesso che il Governo di accordo nazionale
negoziato dall’Onu si è trasferito nella capitale?
«Sostengo gli
sforzi della comunità internazionale, ed incoraggio il popolo libico ad
accettare l’esecutivo sostenuto dall’Onu, che ora è a Tripoli. Guardando
al futuro, la Libia ha bisogno di un governo unificato come primo passo
per affrontare le sue sfide, stabilizzare il Paese, e permettere di
ricevere una maggiore assistenza internazionale. Da questo punto di
vista elogio i recenti sforzi compiuti dai ministri degli Esteri
europei, a cominciare dall’italiano Gentiloni, che sono andati a Tripoli
per mostrare il loro sostegno al Governo di accordo nazionale. Questo
esecutivo merita il pieno appoggio dell’Europa e degli Stati Uniti, che
devono lavorare insieme per favorire la sua riuscita».
Nel recente
dibattito con Hillary Clinton lei ha detto anche che gli alleati
dovrebbero fare di più per sostenere le attività della Nato.
«Ho
notato che gli Stati Uniti pagano circa il 75% delle spese
dell’Alleanza, mentre Paesi ricchi come la Gran Bretagna, la Francia e
la Germania usano i soldi risparmiati dalla difesa per finanziare la
loro sanità e istruzione universitaria pubblica gratuita. Credo sia
giusto riequilibrare questa situazione».
Cosa porta con sé dell’incontro con Francesco?
«Sono
stato onorato di incontrarlo. È una bella persona e un uomo di pace,
che emana qualcosa di speciale con la sua presenza. Da presidente, spero
di poter lavorare con lui per costruire un’economia più morale».