La Stampa 18.4.16
Inchiesta di Potenza, l’assalto del clan Gemelli ai ministri
De Giorgi, capo di stato maggiore della Marina, sarebbe stato determinante per provare a contattare i vertici del governo
di Grazia Longo
Ambiziosi,
spregiudicati e affamati di appalti milionari. Al punto da scatenarsi
in un sistematico assalto ai politici che contano, ministri in testa (i
quali, va ricordato, non sono coinvolti nell’inchiesta della Procura di
Potenza). A partire dall’ex ministra dello Sviluppo economico Federica
Guidi, compagna dell’imprenditore petrolifero Gianluca Gemelli, ritenuta
«parte lesa». Il «quartierino», il clan di Gemelli & soci - su
cui grava l’accusa di associazione a delinquere - viene definito, nelle
285 pagine dell’informatica conclusiva della Squadra mobile guidata da
Carlo Pagano, capace di «una serie di interventi che dimostrano la
capacità organizzativa del gruppo di penetrare le diverse istituzioni
anche ai più alti livelli». In che modo? «Grazie a “interventi”
concordati ed adottati in maniera clandestina» tra Roma, Catania, e ad
Augusta, in provincia di Siracusa dove la «cricca del petrolio» puntava a
un pontile per lo stoccaggio petrolifero. Determinante l’intervento del
capo di stato maggiore della Marina, Giuseppe De Giorgi, indagato per
abuso d’ufficio per avere trasferito l’ammiraglio Camerini, scomodo agli
affari del clan. In cambio, De Giorgi cercava l’appoggio del governo
per il progetto di oltre 5 miliardi per la flotta navale. Le trame
vengono svelate dalle intercettazioni telefoniche. Come quella in cui
l’ammiraglio De Giorgi tira in ballo la ministra dei Rapporti con il
Parlamento Maria Elena Boschi e quella della Pubblica amministrazione,
Marianna Madia. Al telefono con il lobbista Nicola Colicchi confida :
«Devono essere loro che ... la Madia, come mi aveva promesso la Boschi,
ha detto che si doveva rivedere anche la questione del mare..., e io a
questo punto starei buono».
De Giorgi punta anche al ministro
delle Infrastrutture Graziano Del Rio , il quale secondo il clan avrebbe
strappato la nomina di un nuovo commissario dell’autorità portuale di
Augusta, riconfermando Alberto Cozzo, anch’egli indagato. «Con Del Rio
farei un’operazione conviviale, dove si rompe il ghiaccio.... Che poi Lo
Bello (il numero due di Confindustria, indagato), come hai visto, una
ne dice, cento ne racconta. L’altra volta era talmente in confidenza con
Delrio...». Ma il ministro in realtà è temuto. Sempre l’ammiraglio:
«Dobbiamo a questo punto... Cominciamo a stringere i rapporti con
Delrio, nel senso senza parlargli di uno specifico evento, siccome mi
sembra che l’uomo sia molto diffidente».
Ambivalente anche il
rapporto con il premier Matteo Renzi. Da un lato, De Giorgi si vanta
d’essere stato in elicottero insieme con lui e d’avergli parlato del
Libro bianco. Dall’altro, quando Colicchi gli ricorda «la voce
fortissima che tu sei in rapporto quotidiano con Renzi», la riposta è:
«speriamo che Renzi non smentisca, che non dica “ma chi l’ha detto!”».
Nella girandola di ministri citati non manca neppure quello alla Difesa,
Roberta Pinotti: De Giorgi racconta a Colicchi il colloquio con la
ministra che ha «sostanzialmente mandato» di attivarsi «politicamente
per sostenere il post-legge navale». Colicchi ride e dice «... a questo
punto il post legge navale significa, significa, significa, a questo
punto, sistemare le capitanerie di porto e. ...fare una nuova legge
navale...grande, e vai! Praticamente .... licenza di uccidere...lei non
sa che cosa ha scatenato...». Colicchi punta ad entrare nella Lega
Navale ma, secondo De Giorgi, c’è un ostacolo, rappresentato dal Pd
romano ed Ettore Rosato, capogruppo Pd alla Camera, Paolo Quinto, capo
segreteria di Anna Finocchiaro assicura che «Anna provvederà a parlare
direttamente con il ministro».
Le pressioni del clan agiscono
anche su figure istituzionali. Nelle carte dell’inchiesta dei pm Luigi
Gay, Francesco Basentini e Laura Triassi si legge: «Colicchi a metà
maggio 2015 contatta Raffaele Tiscar, vice segretario generale della
presidenza del Consiglio, chiedendogli di intercedere per una questione
interna ad Unioncamere che avrebbe potuto creare problemi a Lo Bello,
candidato alla presidenza nazionale». Le mani del clan volevano
allungarsi inoltre in Campania, anche per un piano di sminamento del
porto, grazie ai contatti con Fabrizio Vinaccia». Con l’ex ministra
Guidi che stressata dalle richieste del compagno Gemelli sbrocca: «Io mi
so’ rotta i coglioni di fare la scimmia… quindi io non vedo nessuno.