giovedì 14 aprile 2016

La Stampa 14.4.16
La reazione del raiss provocata dal pressing dei Paesi occidentali
di Francesca Sforza

Ci sono anche le pressioni delle diplomazie occidentali dietro le frasi del presidente egiziano al Sisi sul ruolo dei «malvagi» nell’omicidio di Giulio Regeni. Perché se è vero che si rivolgevano soprattutto a un’opinione pubblica interna e che dal punto di vista italiano non costituiscono né un passo avanti né un passo indietro rispetto all’attuale situazione di stallo nelle relazioni bilaterali, è anche vero che rispondono alle preoccupazioni di molte cancellerie occidentali, il cui senso si presta a una sintesi piuttosto brutale: un conto è se le violazioni dei diritti colpiscono i cittadini egiziani, altro paio di maniche se nel mirino vi finiscono gli stranieri.
I primi a rappresentare questa posizione sono stati i britannici, sia con campagne di stampa e manifestazioni - il Guardian schierato in prima linea - sia con le perplessità espresse a più livelli dal Foreign Office, che in diverse occasioni ha chiesto conto dell’accaduto.
Nel recente incontro a margine del summit sul nucleare a Washington con il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry, anche il segretario di Stato americano John Kerry non ha mancato di far arrivare il suo disappunto: se si cominciano a toccare i cittadini stranieri - questo il senso - poi si è costretti a prendere le distanze dall’Egitto in un modo diverso che non se si assiste - da lontano - a modalità di governo non in linea con gli standard del comune rispetto dei diritti umani.
Persino il presidente francese François Hollande, che in questo momento ha in corso con l’Egitto la firma su un discreto numero di accordi commerciali, si è detto pronto a mediare per un chiarimento del caso Regeni, affinché le autorità egiziane collaborino in modo attivo con quelle italiane.
Dal «New York Times» alle diplomazie, fino agli uomini dei diversi servizi occidentali, sono ormai molti coloro che vedono nell’omicidio Regeni qualcosa che va al di là di un cittadino italiano morto in circostanze oscure. È come se il suo caso avesse sollevato il velo di ipocrisia sullo stato della democrazia egiziana e sul reale numero di violazioni in corso ogni giorno nei confronti di troppe persone.
E allora o si ottengono risposte chiare su quell’unico caso, oppure si dovrà mettere in moto forze e risorse per sollevarlo, quel velo, e vedere che c’è sotto. Ecco perché al Sisi parla di malvagi non identificati che attentano alla stabilità dell’Egitto. Forse non immaginava che un solo morto potesse scatenare tanta attenzione. Succede, quando si è abituati a considerare gli uomini come fossero numeri.