La Stampa 14.4.16
In televisione non si parla di trivelle
di Paolo Festuccia
Domenica
prossima, 17 aprile dalle 9 alle 23, si voterà il Referendum abrogativo
sulle trivellazioni in mare. Un tema che da mesi oppone e divide
governo e alcuni presidenti di regione che hanno promosso il quesito, e
che da settimane lamentano la carenza di informazione sui canali
televisivi. A partire dalla Rai, non foss’altro per il ruolo di servizio
pubblico che lo Stato gli riconosce. Certo, la polemica sugli spazi di
approfondimento per le campagne referendarie non è nuova, e già
nell’ultima consultazione del 2011 l’Agcom richiamò i vertici di viale
Mazzini proprio perché inserissero, all’interno del palinsesto apposite
fasce orarie dedicate all’approfondimento, ma stavolta i numeri - a
sentire gli addetti - ma anche i volumi e i contenitori informativi si
sono ancora più assottigliati rispetto al passato. Meno informazione e
soprattutto meno spazi nelle fasce di punta della programmazione: sia
nelle reti che nei tg del servizio pubblico, ma anche nei palinsesti dei
grandi network privati.
Sino allo scorso 10 aprile, infatti,
secondo i dati elaborati da Geca Italia proprio per Agcom (Autorità per
le garanzie nelle comunicazioni) la rete televisiva che più di tutti ha
dato risalto al tema delle trivellazioni è stata La7 con 11 ore, 34
minuti e 45 secondi. Oltre due ore in più rispetto alla Rai (8ore e
59minuti) e addirittura 5 volte nel confronto con le reti Mediaset (che
ha proposto servizi sul Referendum per appena 2 ore, 5 minuti e 10
secondi). Ma a leggere bene nelle pieghe dei dati disaggregati redatti
dall’istituto di indagine ciò che colpisce maggiormente non è tanto lo
spazio delle reti (generaliste e non) per il voto di domenica prossima
quanto quello concesso dai Tg nelle fasce di maggior ascolto e di
attenzione. Tutte le edizioni del Tg1, ad esempio, hanno riservato al
tema del quesito referendario nella settimana che precede il voto,
ovvero dal 4 al 10 di aprile scorso, solo 13 minuti e 28 secondi, sei
minuti in meno rispetto al Tg2 e al Tg3 (che hanno parlato di referendum
rispettivamente per 19 minuti e 8 secondi e per 19 minuti e 22
secondi). Meno, nella sostanza, di quanto avvenuto nelle settimane del
mese scorso. Ed, infatti, contrariamente alle aspettative, più ci si è
avvicinati all’imminenza del voto più gli spazi si sono ristretti.
Tant’è che i Tg del servizio pubblico hanno parlato del tema del voto
del 17 aprile per 3 ore e 41 minuti nel periodo compreso dal 21 marzo al
3 aprile e solo per 2 ore e 25 minuti nella settimana che si è appena
conclusa. Risultato: tra i Tg Rai, Tg2 e Tg3 nonostante il minor numero
di edizioni informano molto di più rispetto al telegiornale guidato da
Mario Orfeo.
È chiaro che con questi numeri alla mano i promotori
del Referendum hanno gioco facile a gridare al bavaglio informativo, né
si può circoscrivere la polemica con il fatto che La7, e le reti all
news (la stessa Rainews) ma soprattutto SkyTg24 colmino il «vuoto»
lasciato dai Tg delle reti generaliste. Se così fosse, infatti, la Rai
certamente lascerebbe campo libero a quanti da mesi, proprio mentre si
discute del rinnovo della concessione di servizio pubblico, chiedono
quali siano le differenze tra i prodotti della Rai e quelli di La7 o di
SkyTg24 o altre emittenti. Insomma, l’informazione del Tg di Enrico
Mentana (ha dedicato 44 minuti e 44 secondi al referendum, 3 minuti in
più del Tg1) è servizio pubblico o meno? E che differenza c’è, a questo
punto, con l’informazione targata?