La Stampa 13.4.16
Se Assad dà lezioni di democrazia
Perché il raiss siriano aspetta le elezioni per andare a Ginevra?
di Giordano Stabile
Bashar
al-Assad ha tenuto il punto: la delegazione governativa siriana si
presenterà ai colloqui di pace di Ginevra solo dopo le elezioni
parlamentari. Oggi in Svizzera, mentre in Siria si vota, l’inviato
speciale dell’Onu Staffan de Mistura incontrerà i rappresentanti
dell’opposizione. Il raiss aveva posto questa condizione dopo la
conclusione del secondo round di negoziati, il 24 marzo. Ieri, parlando
con una delegazione parlamentare russa, ha dato lezioni di democrazia,
vantando la presenza di «dodicimila candidati alle legislative, e una
partecipazione superiore a quella di molti Stati occidentali». Assad è
in una posizione di forza. Ha riconquistato quasi tutta la Siria
«utile», quella occidentale dove vive gran parte della popolazione. Ha
dimostrato di essere in grado di respingere la minaccia dell’Isis con la
riconquista di Palmira. Ora vuole presentarsi al terzo, decisivo, round
di colloqui con una «investitura popolare». Nel giugno del 2014 Assad
era stato rieletto presidente con l’88,7% dei voti. Ma questa volta il
regime ha voluto una consultazione in apparenza «normale». Ha
ripristinato le circoscrizioni provinciali, tranne a Raqqa e Idlib
controllate dagli islamisti, ha aperto alla partecipazione di molti
«indipendenti». Il voto non è riconosciuto dall’Onu, che chiede la
convocazione alle urne soltanto nei diciotto mesi successivi a un
accordo tra lealisti e oppositori. E, con 4 milioni di profughi
all’estero e 6 milioni di sfollati interni, quello per Assad sarà
comunque un plebiscito mutilato. Ma da non sottovalutare. Con l’aiuto di
Mosca il raiss è riuscito nel suo intento: a parte i curdi, sul campo
di battaglia restano lui e gli islamisti. I ribelli moderati sono in una
morsa, importanti formazioni come Ahrar al-Sham si stanno riallineando
ad Al-Nusra, cioè Al-Qaeda, e hanno rotto la tregua, ma così si
espongono di nuovo ai devastanti raid russi. De Mistura, ieri in
missione a Teheran, alleato chiave di Damasco, ha parlato di round
«cruciale» per il destino della Siria. L’opposizione mette sul piatto la
precondizione che Assad vada via. Il massimo che potrà ottenere è che
il raiss non si ripresenti alle presidenziali del 2021. Un’ipotesi che
si sta facendo strada.