martedì 12 aprile 2016

La Stampa 12.4.16
E Davigo risponde al premier: poche sentenze? È la prescrizione
Il leader Anm dopo le critiche da Palazzo Chigi Il ministro Orlando esulta: cause civili meno lente
di Francesco Grignetti


Con 500 giorni per avere una sentenza in primo grado, nel 2014 siamo stati terz’ultimi per celerità dei processi civili tra i Ventotto. Non è entusiasmante, a fronte dei 100 giorni in Lituania o Lettonia, o dei 120 giorni in Olanda, Ungheria, Romania, Svezia. Come dicono tutti gli esperti, si spiega così la ritrosia degli imprenditori stranieri a investire in Italia.
A ben guardare, però, nel 2013 andava molto peggio: ci volevano 608 giorni per una sentenza. E secondo il ministero della Giustizia, le prossime statistiche ci conforteranno un pochino di più: arriveremo a 425 giorni. A quel punto saremo vicini alle medie di Francia e Spagna.
Ecco dunque spiegata la mezza baldanza del ministro Andrea Orlando, che commenta così su Twitter questo Rapporto comparativo 2016 sulla Giustizia europea, a cura della commissaria Vera Jourová: «Certifica la bontà del primo anno di governo in materia di giustizia».
Un altro dato positivo, si può leggere nel Rapporto: il gran daffare legislativo di questi mesi. E poi il superlavoro dei magistrati. A dispetto di quel che dice Renzi, con un rapporto del 120% tra cause entranti e uscenti, la produttività media del giudice italiano è elevatissima.
A gelare l’ottimismo del governo, però, giungono le staffilate del neopresidente dell’associazione nazionale magistrati, Piercamillo Davigo: «Le leggi esistenti contro la corruzione - ha detto ieri all’università di Perugia - sono inefficaci perché non sembrano tener conto della realtà fenomenica, che è del tutto diversa da come sembra immaginarsela il legislatore».
Se si fanno poche sentenze, «è per via della prescrizione». E se i processi sono lenti, la colpa è del legislatore che non depenalizza e così i reati «sono troppi».
Agli occhi di Davigo, il pericolo è soprattutto la corruzione, che strangola il Paese. «È un reato seriale, lo si dimentica sempre quando si parla di misure cautelari. Chi si vende, non si vende una volta sola. E chi corrompe, lo farà tutte le volte che ne ha occasione». Diagnosi feroce. Ma le leggi del governo Renzi? Insufficienti. «Con l’ultimo intervento normativo, su iniziativa dell’attuale governo, è stata introdotta una forma di premialità per il primo dei concorrenti del reato che parla, ma a mio giudizio è ancora insufficiente».
Il punto, secondo Davigo, è che i governi finora hanno remato contro. «In passato la politica si è distinta non per il contrasto alla corruzione, ma nel contrasto alle indagini». Da qualche tempo le cose sembrano cambiate. Ma è apparenza. «Sono state fatte delle leggi, come ad esempio la Severino, solo denominate Anticorruzione, perché nella realtà dei fatti non servono a niente».