martedì 12 aprile 2016

La Stampa 12.4.16
“Troppi ostacoli all’aborto: Italia in ritardo sulle donne”
Bocciatura dal Consiglio d’Europa. Il ministro: sorpresa
di Flavia Amabile


L’aborto in Italia? Una corsa ad ostacoli, un sentiero minato dalle difficoltà. A sostenerlo è il Consiglio d’Europa avvertendo che l’Italia viola il diritto delle donne alla loro salute nonostante quanto previsto dalla legge 194 sull’interruzione di gravidanza e introduce discriminazioni fra i medici. Il Consiglio d’Europa si è pronunciato su un ricorso presentato dalla Cgil. «Le donne che cercano accesso ai servizi di aborto -si legge nelle conclusioni- continuano ad avere di fronte una sostanziale difficoltà nell’ottenere l’accesso a tali servizi nella pratica, nonostante quanto è previsto dalla legge».
Per Susanna Camusso, la leader della Cgil che ha condotto questa battaglia, si tratta di una sentenza «importante perché ribadisce l’obbligo della corretta applicazione della legge 194, che non può restare soltanto sulla carta». Sorpresa, invece, la ministra della Salute Beatrice Lorenzin: «Mi riservo di approfondire con i miei uffici ma sono molto stupita perché dalle prime cose che ho letto mi sembra che si rifacciano a dati vecchi che risalgono al 2013. Il dato oggi è diverso. Non c’è alcuna violazione del diritto alla salute».
Rassicurazioni prive di significato per una come Lisa Canitano, ginecologa, una vita spesa ad aiutare le donne alle prese con una maternità, sia quelle volute che quelle non volute, sia quelle che intendono portare avanti che le altre, quelle che non riescono a sostenere. «Ricevo 25-30 telefonate al giorno - racconta - Sette-otto sono domande di interruzioni di gravidanza».Si rivolgono a lei da tutt’Italia. Arrivano persino dalla Sicilia. E troppo spesso, dopo aver ascoltato la storia, a Lisa Canitano non resta che dire: «Ti aspetto a Roma, facciamo qui l’aborto».
Per il blocco compatto di ginecologi italiani che hanno scelto l’obiezione di coscienza si tratta di un crimine. Per Lisa Canitano si tratta del contrario, di una scelta di vita. Ogni anno effettua 400 aborti chirurgici e 150 farmacologici. «Volevo provare a creare un mondo migliore, un mondo in cui le donne fossero assistite e avessero quello di cui avevano bisogno», spiega. E, soprattutto, senza finire nelle mani del clandestino di turno, dovendo anche pagare.
Per Lisa l’interruzione di gravidanza è un diritto di ogni donna, sancito dalla legge 194 e il suo lavoro è provare a fare quello che gli altri non fanno, applicare le norme. «Le donne hanno sempre messo in comune (più o meno liberamente) gli eventi biologici e non della loro vita. Facciamolo ancora, facciamolo insieme», è il senso del lavoro suo e del team di volontarie del sito Vita di donna. «Il nostro obiettivo - aggiunge - è quello di fare un lavoro “dalle donne alle donne” che non sia solo espressione di un sentimento o di un desiderio ma che produca un servizio concreto e fortemente caratterizzato da un “senso etico».
«Lo sapete che le donne si svegliano alle quattro di notte per arrivare da me da Frosinone dove non c’è un solo ospedale pubblico dove abortire? E che affrontano viaggi anche di seicento chilometri e che, a volte, siamo noi a pagarglielo? Non hanno alternative. A Sud di Roma è sempre più difficile riuscire a trovare un ospedale pubblico dove la legge 194 è applicata».
E quindi le donne chiamano lei. «E quello che più è sconfortante è che non mi chiamano solo per chiedermi un aborto ma anche per avere informazioni elementari, ad esempio come comportarsi con le malattie infettive in gravidanza. Se si rivolgono a me vuol dire che manca qualsiasi forma di assistenza, non è quello che prevede la legge. La verità è che lo Stato ha abbandonato l’applicazione della 194 nelle mani di pochi ginecologi di buona volontà. Questo fa sì che esistano due assistenze alle donne. C’è l’assistenza ’giusta’ con il ginecologo privato, che si paga. E poi ci siamo noi, quelli inferiori da cui si va ad abortire».
Il prezzo da pagare per i pochi non obiettori rimasti è alto: «Vuol dire rimanere fuori dal sistema ma se il sistema è quello degli obiettori non mi interessa. Il problema vero è un altro: nel giro di cinque-sei anni tutti noi non obiettori saremo in pensione. Chi applicherà la 194? Chi garantirà i diritti delle donne? Dove sono i giovani? Non sarebbe il caso che qualcuno ci pensi prima che la legge si estingua da sola?»