martedì 26 aprile 2016

Il Sole 26.4.16
Immigrazione. I timori del governo per l’ondata di sbarchi dalle coste africane - Con il passaggio all’Onu della gestione delle strutture locali il traffico di esseri umani si potrebbe ridurre
In mano alle milizie libiche 41 campi su 50
ROMA
La preoccupazione cresce ogni giorno che passa. Il rischio di un’ondata impetuosa e inarrestabile di sbarchi è dietro l’angolo. E finchè i campi profughi in Libia saranno gestiti dalle milizie locali (41 su 50) non c’è da star tranquilli. Certo, è vero, come dicono il presidente del Consiglio Matteo?Renzi e il ministro dell’Interno Angelino Alfano, che le cifre oggi non si discostano di molto dagli anni scorsi. Fino al 22 aprile, infatti, sono arrivati sulle nostre coste 25.617 migranti, con un +0,96% rispetto all’anno scorso.L’incubo, in realtà, è proiettato da qui a poco: attorno a maggio, giugno, luglio, agosto e settembre. Basta guardare quanti stranieri sono arrivati in Italia in questo periodo nel 2015 e nel 2014. In media, 20mila e più immigrati ogni mese, circa 100mila in totale. Il dramma vero, però, non è questo. Sta invece nel fatto che un sistema di accoglienza come mai finora c’era stato in Italia - accoglie oggi 112.645 profughi: un record - stenta a far uscire chi non ha più diritto a essere ospite. E i posti sono al completo. Con il turn over bloccato, finchè si tratta di sistemare a cadenza periodica arrivi per 2-3mila persone, lo sforzo di Comuni e prefetture, bene o male, riesce. La strategia del Viminale, distribuire i nuovi arrivati in modo capillare sul territorio, perfino nei centri abitati più piccoli, regge. Non potrà però durare a lungo.
Ecco perchè all’Interno sono ormai quotidiane le riunioni operative al dipartimento Ps, guidato da Alessandro Pansa, e a quello Libertà civili diretto da Mario?Morcone. Si cerca ogni sforzo possibile per il contrasto all’immigrazione clandestina, in capo alla Ps, e la gestione dell’accoglienza, seguita dalle Libertà civili. Ma se non si interviene sulla Libia e le sue partenze, ogni azione in Italia è un po’ come svuotare il mare col secchiello. Spiega il vicepresidente del Copasir (comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica), Giuseppe Esposito (Ncd): «Dobbiamo ricordarci le parole del generale Paolo?Serra in audizione al comitato parlamentare Schengen». Serra è consigliere militare di Martin Kobler, rappresentante speciale del segretario Generale Onu per la risoluzione della crisi in Libia. «Il generale ci ha messo in evidenza che in Libia ci sono circa 50 campi profughi. Di questi, 41 sono gestiti dalle milizie libiche, non certo con il massimo rispetto dei valori umanitari». Se dunque la quasi totalità del flusso di migranti confluisce in questi campi e non si interviene su chi li gestisce, la partita è persa in partenza. «L’Onu, attraverso l’Unhcr, deve assumersi la responsabilità di accollarsi la gestione di questi campi - sottolinea Esposito - il traffico di esseri umani così si potrebbe ridurre. E le politiche di migrazione avere un respiro più ampio». L’Italia, del resto, deve guardare alla Libia, ma anche ad altre due rotte: l’Egitto e i Balcani. Ecco perchè la presenza nel canale di Sicilia delle unità navali italiane ed europee dovrebbe essere rivista e rinforzata. Solo per l’Italia ci sono le unità della Marina Militare, della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera; più quelle di Frontex, dell’operazione Triton e della missione europea Eunavformed “Sophia”. Per il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, la Nato nella riunione del 7 luglio dovrebbe affidare a Roma il coordinamento di tutte le unità impiegate sul mare in missione emergenza migranti. L’azione internazionale antiscafisti - se ne è già parlato a lungo mesi fa - resta poi un’incognita:?occorre l’egida dell’Onu e, soprattutto, l’improbabile consenso, da parte degli stati interessati come la Libia, ad azioni di polizia militare sul proprio territorio. Le buone intenzioni, tuttavia, non mancano. Come quelle emerse venerdì scorso nell’incontro al Viminale tra Alfano, il vice presidente del Governo di riconciliazione nazionale libico, Ahmed Maetig, e il ministro dell’Interno, Aref Khojia. Secondo il comunicato dell’Interno «i due ministri hanno confermato la comune volontà di rilanciare la collaborazione bilaterale, partendo dal Trattato di Amicizia italo-libico e dal pattugliamento delle frontiere per contrastare il traffico di esseri umani e degli altri traffici illeciti». In campo anche iniziative per «l’addestramento, l’assistenza e la formazione delle forze di polizia» del neonato governo guidato da Fayez al Serraj.
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Marco Ludovico