domenica 3 aprile 2016

Il Sole Domenica 3.4.16
Corpo
Post-umano, troppo post-umano
di Nunzio Galantino

L’approccio contemporaneo al tema del corpo pone più interrogativi di quanti, per esempio, non se ne ponessero nel mondo greco, dove il confine fra corpo e corporeità era per lo più segnato dalle sfumature della parola soma. In particolare, i pitagorici hanno costruito un’approfondita antropologia sui rapporti dell’anima con il corpo, che poi ha avuto risvolti e approfondimenti nella filosofia greca. Oggi il confine fra il corpo e la corporeità si è spostato più in là toccando il post-umano, che inevitabilmente apre interessanti piste di ricerca per la bioetica. Dopo aver stabilito il legame inevitabile fra il corpo e l’identità personale, si può comprendere come mai il corpo venga sottoposto a interventi che lo modificano sia in maniera superficiale sia in maniera profonda: tatuaggi, piercing, fino all’ingegneria genetica. Il corpo finisce così per non essere l’espressione di una condizione immutabile, ma l’interfaccia di una comunicazione con gli altri esseri umani e con l’ambiente socioculturale, in una condizione continuamente in via di definizione. Questo scenario mutevole di corpo e corporeità, per certi versi positivo, quando incontra l’orizzonte culturale del post-umano va incontro a qualche rischio, a volte grave. Lo scenario del cyber-corpo (la relazione che intercorre fra l’uomo e la macchina) rischia di far perdere il confine fra l’artefice e il prodotto, perché il cyborg, fusione fra macchina e il corpo organico, oggi più che mai, apre a tanti scenari possibili. È dinanzi a questi scenari che si giocherà una nuova partita con la bioetica e con l’identità personale dove la corporeità non prevede più l’armonia con il cosmo, kosmos, ma l’armonia è ricercata o interrotta nel rapporto con le macchine. La teologia cristiana del corpo, che ha superato ogni deriva dualistica e che si è sviluppata nella fedeltà al dato biblico, contiene in sé tutti gli elementi per sostenere una svolta, anche radicale rispetto alla deriva che si è consumata e che, stando alla lucida analisi di M. Horkheimer e Th. Adorno, continua a consumarsi. Una svolta che dal “sentire” il corpo, come oggetto rifiutato o sfruttato, porti a “sentirsi” corpo. La nostra realizzazione armonica non dipende, in primo luogo, dal fare (o disfare) un corpo inteso come semplice oggetto, ma nel farsi corpo, abitando il mondo come con-tatto, come appartenenza, come dono. Farsi corpo! La fede cristiana non consiste nel credere in Dio come oggetto pensabile, ma nel seguire il “metodo” del Dio incarnato, ossia nel “farsi” corpo.