Il Sole Domenica 3.4.16
22 aprile 1516 - 22 aprile 2016
Cinque secoli furiosi
Il
poema dell’Ariosto ha 500 anni. «Scoria dei sogni», «risplendente
labirinto» lo definiva Borges, che come Galileo lo amò moltissimo
Per
Borges, che amava il poema dell’Ariosto come la Divina Commedia e le
Mille e una notte, l’ Orlando Furioso era fatto di sogni: «Scoria dei
sogni, \indistinto limo che il Nilo dei sogni lascia,\ con essi fu
intessuta la matassa \di questo risplendente labirinto». È una lettura
affascinante, e dunque vera. Bisogna dire tuttavia che mentre insegue i
suoi sogni Ariosto non dimentica la realtà sporca e sanguinosa del suo
tempo, quando le guerre d’Italia, con il potere devastante delle armi da
fuoco, laceravano il vecchio mondo e comportavano per le popolazioni
distruzioni, stupri, crudeltà di una inedita violenza.
È vero
anche che Ariosto, il poeta innamorato perso nei suoi sogni, il
cortigiano che contratta con i suoi signori i suoi spazi di libertà, è
anche un autore del tutto consapevole di vivere nella galassia
Gutenberg, nel mondo nuovo creato dal libro a stampa. È arrivato qui a
Mantova, qualche giorno fa, Lodovico Ariosto, scrive il 5 maggio 1516
Ippolito Calandra a Federico Gonzaga e ha portato con sé una cassa di
libri, «li quali lui a composto sopra a Orlando»; ha regalato alcune
copie ai duchi e al cardinale, «li altri lui li vole fare vendere». Il
Furioso mostra, anche sotto questo aspetto, tutta la sua modernità: è il
primo grande classico moderno di cui l’autore cura sia la scrittura che
la stampa e la diffusione, fino alla edizione ultima, del 1532, che lo
vede stanco e insoddisfatto e lo condurrà quasi alla morte.
Divenuto
rapidamente un best seller, il poema acquista fama europea: influenza
non solo le grandi opere, a cominciare dal Don Chisciotte, ma anche le
feste, i rituali delle corti, e nello stesso tempo, pastorelle
analfabete lo imparano a memoria, e ne cantano le ottave, come ci
testimonia Montaigne. E la regina Elisabetta I d’Inghilterra bandisce
per un po’ dalla corte uno dei suoi favoriti, John Harington, perché ci
mette troppo tempo a tradurre il poema. Le immagini giocano quasi da
subito un ruolo importante in questa vicenda: le edizioni
cinquecentesche accompagnano il testo con illustrazioni sempre più
raffinate; i suoi personaggi, i suoi luoghi incantati, travalicano la
pagina, prendono vita nelle maioliche, nella pittura, nella musica, nel
teatro, nei fumetti; attraverso i secoli, fino a oggi, il poema continua
a sollecitare gli artisti, a rivivere in mille forme diverse. Possiamo
farcene un’idea ripercorrendo i 20 saggi e le 500 illustrazioni di un
libro pubblicato lo scorso anno dalla Treccani, L’ Orlando Furioso nello
specchio delle immagini a cura di chi scrive. A secoli di distanza
abbiamo provato a riprendere una bellissima suggestione di Galileo
Galilei, che amava il Furioso tanto da saperlo a memoria: «quando entro
nel Furioso, veggo aprirsi una guardaroba, una tribuna, una galleria
regia, ornata di cento statue antiche de’ più celebri scultori». In un
certo senso abbiamo provato a prendere alla lettera Galileo, abbiamo
cercato di ricreare quella bellissima galleria, che ormai si è
arricchita attraverso i secoli, sperimentando i più diversi mezzi di
espressione, fino all’ Web.
Ma torniamo a Ariosto, che arriva a
Mantova all’inizio di maggio del 1516, con una cassa di libri. Erano le
copie fresche di stampa del suo poema, «impresso in Ferrara per Maestro
Giovanni Mazocco» il 22 aprile 1516. Sono passati esattamente cinque
secoli da allora; il Ministero dei Beni Culturali ha creato un apposito
comitato per le celebrazioni. Certo un classico vive di vita propria, ma
nel mondo di oggi un centenario può offrire un’occasione preziosa per
ridestare l’attenzione verso un testo che magari si è letto solo in
parte e distrattamente, e anche per far scoprire a nuove generazioni, di
diversa età, il piacere straordinario di una lettura che apre tutti i
confini del mondo, ci fa volare con l’ippogrifo e ci fa riconoscere la
forza vitale del desiderio e insieme i germi di follia che porta con sé.
Sono previsti convegni di studio in diverse università italiane e
straniere, fra cui uno a Londra, alla British Academy, e altri negli
Stati Uniti, in Canada, in Francia, in Germania. Un ruolo da
protagonisti giocano i giovani ricercatori italiani che, non sempre per
libera scelta, lavorano e insegnano all’estero: una ricaduta positiva
della nostra diaspora intellettuale.
Momento qualificante del
Centenario sarà la mostra che si terrà a Ferrara, nel Palazzo dei
Diamanti, «Orlando Furioso. 500 anni. Cosa vedeva Ariosto quando
chiudeva gli occhi», dal 24 settembre 2016 all’8 gennaio 2017, a cura di
Guido Beltramini e Adolfo Tura. La mostra offrirà un panorama delle
opere d’arte che possono avere ispirato l’immaginario ariostesco; l’arco
cronologico sarà dunque quello precedente o contemporaneo alla
scrittura del poema.
Sul versante della fortuna figurativa e
teatrale del Furioso si collocherà invece la mostra prevista a Villa
d’Este, curata da Marina Cogotti, Vincenzo Farinella, Monica Preti, che
proporrà diversi esempi di come il poema abbia ispirato i pittori, fra
Sei e Ottocento, e permetterà ai visitatori di rivivere, attraverso
disegni e oggetti di scena, quella straordinaria rilettura moderna del
poema che Luca Ronconi mise in scena prima nelle piazze e poi per la
televisione.
Una mostra bibliografica avrà inoltre luogo presso la
Biblioteca Comunale Ariostea, a Palazzo Paradiso. Accanto ai tesori
ariosteschi che la biblioteca conserva, si presenterà al pubblico il
Dono Segre Debenedetti, una preziosa raccolta libraria che ha
accompagnato il lavoro dei due grandi studiosi cui dobbiamo l’edizione
critica del poema. La mostra sarà inaugurata proprio il 22 aprile, e
l’Ariosto sarà anche fisicamente presente, visto che nel 1801 la sua
tomba è stata trasferita proprio a Palazzo Paradiso, allora sede
dell’Università, dal generale napoleonico Miollis, che ha voluto
togliere i resti del poeta dalla chiesa in cui era stato sepolto per
trasportarli nel tempio della nuova religione, dove si coltivava il
sapere.
Se Ferrara gioca un ruolo da protagonista nelle
celebrazioni del suo poeta, altri luoghi sono attivamente coinvolti, a
cominciare dalla Valtellina, dove da alcuni anni c’è una attenzione
particolarmente vivace per la valorizzazione degli affreschi che
testimoniano una precoce fortuna figurativa del poema. E soprattutto ci
sono iniziative che coinvolgono le scuole, e letture integrali del
poema, che faranno rivivere nelle strade e nelle piazze le sue
meravigliose ottave, il cui ritmo Foscolo aveva paragonato alle onde che
si rincorrono e si infrangono nell’Oceano.
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Lina Bolzoni