Il Sole Domenica 3.4.16
Per una costituente della ricerca
L’innovazione riparta dall’etica
Le
modalità di assegnazione dei fondi di Human Technopole dimostrano la
necessità di un’Agenzia nazionale della ricerca garante dei meccanismi
di valutazione
Da anni dirigo un laboratorio di ricerca alla
Statale di Milano e coltivo collaborazioni internazionali, partecipando a
bandi e portando milioni di euro alla mia università per pagare il
personale e le ricerche su una grave malattia neurologica. Questo mi ha
insegnato che solo con la libertà, la competizione, la trasparenza e la
responsabilità personale, nel mondo civile, si finanzia e si governa la
ricerca che alimenta conoscenza di base e innovazione. I miei interventi
sull’operazione Human Technopole (HT) sono un invito a far sì che, con
l’occasione, in Italia si cambi completamente registro sui fondi
pubblici alla ricerca. Non sono contraria a un grande progetto come HT,
ma al modo in cui è stato concepito e a come viene varato.
È quasi
imbarazzante ricordare ai colleghi che progetti di investimento delle
dimensioni di HT all’estero prevedono ben altre modalità. Spesso partono
da una dettagliata e trasparente consultazione interna alla comunità
scientifica per dare forma e contenuti alla ricerca di frontiera su cui
il governo decide di puntare. Quasi sempre, poi, segue la creazione di
una o più entità, competitive, più spesso consortili (anche
pubblico-private), per guidare il progetto, con funzioni, regole
d’ingaggio e arruolamenti palesi. Il tutto in competizione per
l’assegnazione governativa del finanziamento, distribuito attraverso
bandi aperti e valutazioni comparative tra progetti, soggetti
partecipanti e curricula per ogni posizione. Questo è l’unico tipo di
top-down che ho visto funzionare. Conosco bene alcune operazioni simili,
come la BRAIN Initiative statunitense.
Mi colpisce
l’irragionevolezza di chi si oppone a un metodo che, applicato in
Italia, sarebbe già di per sé rivoluzionario. A oggi HT è un accordo
frettolosamente e arbitrariamente messo in piedi con un ente “prescelto”
dal governo che, privo delle competenze nelle scienze della vita e
nutrizione previste come tematiche chiave di HT, con garanzia di “chiavi
e soldi pubblici in mano”, ha “reclutato” discrezionalmente persone,
enti e gruppi per conoscenze personali-professionali, su aree di ricerca
individuate per favorire i soggetti con i quali stabilire l’accordo,
senza alcuna integrazione con il resto del Paese. Mi chiedo chi abbia
deciso i contenuti e chi poteva proporli. E perché mai un bravissimo
immunologo italiano ora all’estero e con due ERC vinti non possa
concorrere con la sua idea di “centro” per HT. O per quale motivo si è
scelto di ignorare, ad esempio, l’Università dell’Insubria o altri enti e
Dipartimenti di Milano, ma di coinvolgere un ente di Trento, e perché
il gruppo Y non ha visto incluso il suo centro di imaging molecolare,
anche se svolge ricerche stratosferiche di livello internazionale. Mi
chiedo perché “affidarsi alla persona” – prescindendo dal nome – e non
mettersi “a costruire le regole”, coltivando una concezione
personalistica del potere che è tipico retaggio pre-democratico. Ho
letto di similitudini improbabili con altre realtà estere. Si cita il
Max Planck (che riceve parte dei suoi fondi dal governo), senza
aggiungere che ha dato 33 Nobel alla Germania, che i suoi direttori sono
selezionati attraverso competizioni e valutazioni, hanno una durata
limitata e i suoi istituti operano in un Paese con un’etica pubblica in
grado di imporre le dimissioni a un ministro accusato di aver copiato
parte della tesi di dottorato.
Intervenendo su queste pagine
l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) ha definito “rumors” l’ipotesi
di essere destinatario di un finanziamento miliardario nell’arco del
prossimo decennio. I “rumors” sono però i reiterati interventi del
Presidente del Consiglio, così evidentemente convincenti che vi hanno
fatto affidamento ministri, media e lo stesso direttore dell’IIT che,
almeno dallo scorso 24 febbraio, si esprime sulla necessità di un
finanziamento stabile pari, a regime, a 150 milioni euro l’anno. I
“rumors” sarebbero un decreto legge che, nel conferire 80 milioni
all’Ente prescelto indicato con nome e cognome, li definisce “primo
contributo”.
Nello stesso intervento, IIT fornisce le
giustificazioni per il conferimento a sé stesso delle risorse per HT,
argomenti che sollecitano ulteriori riflessioni:
1. Il
procedimento attraverso il quale è stato scelto IIT sarebbe
“accettabile” in altri paesi moderni. Andrebbe solo citato quale paese
moderno, oltre il nostro, concepisca e promuova progetti di questa
portata a margine di una trasmissione televisiva grazie a un incontro
fortuito tra un ministro, alla disperata ricerca di una soluzione per il
dopo-Expo, e il direttore scientifico di un ente di ricerca.
Circostanza pubblica mai smentita.
2. Sarebbe falso che esistano
“prescelti” (enti o ricercatori) chiamati da IIT. Ero stata contattata
anch’io. Su Scienza in Rete si può trovare un organigramma mai smentito,
con Enti coinvolti, i dipartimenti di HT e i nomi di chi li
“coordinerà”. In atti ufficiali di alcuni dei soggetti prescelti si
trovano responsabili di progetto, nominati con un mandato che scadrà nel
2017.
3. Sarebbe falso che l’assegnazione finanziaria al progetto
avverrà senza peer review. Effettivamente la “revisione internazionale”
ci sarà ma, per legge (ispirata dal Governo), sarà di un unico
progetto. Nessun confronto tra proposte. In queste condizioni, anche il
revisore più critico non frustrerà l’intenzione di un governo di
promuovere un nuovo centro per la ricerca, limitandosi a consigliare
migliorie all’unica opzione data.
4. Sarebbe falso che IIT si
comporta come un’Agenzia di finanziamento. Eppure IIT riceve fondi
pubblici che poi in parte ri-eroga attraverso accordi discrezionali con
altri enti o gruppi di ricerca anche “solo” per “accrescere” la loro
attività. Questo è compito di quell’Agenzia per la ricerca che da sempre
manca. Nulla di illecito, ma perché i beneficiari non possono competere
con la forza delle loro idee direttamente presso la fonte di quelle
risorse pubbliche?
5. IIT ricorda che “EXPO si trova a Milano” e
che quindi le strutture milanesi sono primariamente coinvolte. Viene da
chiedersi se Genova sia un sobborgo di Milano o se Trento – cui
appartiene uno degli enti coinvolti – sia alla sua periferia. Sarebbe
stato forse più onesto dire che il coinvolgimento, difettando IIT delle
competenze circa le materie di HT, era un passaggio obbligato (anche
dalla legge: quel «sentiti gli enti territoriali e le principali
istituzioni scientifiche interessate»).
6. IIT sarebbe l’unico
ente che può fare “international call e tenure track”. In realtà, anche
Università e centri fanno bandi internazionali (pubblicità su riviste
scientifiche) e reclutano dall’estero con tenure track. Peraltro
procedure simili (e migliori) possono essere integrate direttamente in
HT.
7. IIT è un ente statale di diritto privato (largamente
finanziato per legge con fondi pubblici). Per tale motivo dispone,
incomprensibilmente, di un tesoretto di 430 milioni immobile da anni
mentre tutta la ricerca pubblica italiana vive di briciole. Con queste,
pur tra abusi e inefficienze, dipartimenti universitari (e Cnr e altri
centri di ricerca) vincono progetti ERC, pubblicano su Cell e Science,
fanno una valanga di didattica e formano giovani da “regalare”
all’estero. Quale potrebbe essere la potenzialità per la ricerca
pubblica se questo tesoretto fosse “liberato”? Perché non permettere che
per i prossimi 4 anni IIT attinga a quel fondo “accantonato”,
risparmiando e re-investendo le risorse liberate?
Da ultimo, nella
nota dello scorso 22 marzo, Miur e Mipaaf pasticciano sui termini di
legge. L’IIT che, per legge, è l’ente che «elabora il progetto
esecutivo» a cui «è attribuito un primo contributo dell’importo di 80
milioni di euro per l’anno 2015 per la realizzazione di un progetto
scientifico e di ricerca, sentiti gli altri...», nel comunicato
interministeriale diventa l’ente che «coordina in collaborazione con gli
altri enti». Il Miur diventa poi «il soggetto coordinatore degli attori
coinvolti», un coordinatore che, tradendo il suo mandato di promozione
della libera ricerca, esclude ogni altra progettualità dalla
competizione per i fondi pubblici, sottoponendone un’unica a
valutazione. IIT sostiene di avere finito il suo lavoro e «quando
arriveranno i rapporti» il governo deciderà cosa fare. Intanto, per
decreto, IIT ha già vinto i “primi” 80 milioni. La narrazione del
progetto è ora quasi imbarazzata nel citare, solo ora, la necessità di
bandi, la valutazione parlamentare su contenuti, organizzazioni e
coordinamenti mai pubblicamente discussi e/o definiti in modo
comparativo.
Non auspico fallimenti per il mio Paese. Cerco solo
di mettere l’esperienza di scienziata e il ruolo pubblico di Senatrice
al servizio della trasparenza, dei cittadini, della libertà della
scienza. Se HT e la ricerca scientifica devono essere il mezzo per
attirare investimenti in quell’area serve ancora di più un’Agenzia
nazionale della ricerca a garanzia dei meccanismi di valutazione.
L’obiettivo indicato dal governo è troppo importante per rinunciare a
trasformare questa operazione in una procedura “civile” di “ricerca e
innovazione trasparente” di successo. Sarebbe anche l’occasione per
ridurre frammentazioni e rilanciare l’organizzazione, le procedure, le
metodologie, le competenze e la competitività della ricerca italiana
senza padri né padroni.
Docente dell’Università Statale di Milano
Senatrice a vita
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Elena Cattaneo