Il Sole Domenica 17.4.16
Joseph LeDoux
Fenomenologia dell’ansia
di Arnaldo Benini
Nel
denso volume Ansia il neurobiologo Joseph LeDoux, della New York
University, racconta trent’anni di studi, esperimenti, riflessioni e
discussioni sulle strutture, il funzionamento e la chimica delle aree
dell’emotional brain che destano in noi, e in altre specie, le
esperienze fondamentali della paura e dell’ansia. Pur simili perché
entrambe rilevano minacce, si tratta – sostiene LeDoux – di eventi
emotivi e nervosi diversi, anche se, quando si prova paura, si è in
ansia.
Paura e ansia sono intrecciate e si comprendono sia
separatamente che insieme: della complessa e controversa interpretazione
fisiologica della fenomenologia delle due emozioni s’occupa gran parte
del libro. La paura è innescata da uno stimolo specifico, l’ansia è la
preoccupazione per qualcosa che non è presente. «Nella paura
l’anticipazione riguarda se e quando una minaccia attuale causerà danni,
mentre nell’ansia [...] l’anticipazione coinvolge l’incertezza sulle
conseguenze di una minaccia che non è presente e che può non
verificarsi».
Tradizionalmente, l’organo dell’ansia e della paura
era l’amigdala: un’attribuzione, dice LeDoux, frettolosa... Ansia e
paura sono, nonostante punti comuni, diverse nella fenomenologia e nei
meccanismi nervosi. L’amigdala, nella testa dell’ippocampo, è un piccolo
organo di neuroni collegato con le aree dell’attività mentale. È sempre
attiva in condizioni d’ansia e paura, e si pensò che esse fossero un
suo prodotto trasmesso direttamente alla coscienza. LeDoux, rifiutando
il principio, un tempo diffuso, del rapporto univoco fra attività di
un’area cerebrale circoscritta e una funzione, dimostrò che se
l’amigdala è attiva quando c’è un pericolo, nondimeno la coscienza di
quella condizione non è il prodotto della sola sua attività, ma di un
sistema diffuso. La paura, scrisse LeDoux nel 2012, è uno dei «circuiti
difensivi di sopravvivenza» preposti alla salvaguardia dell’integrità
personale e della specie. Essi hanno come scopo non di trasmettere alla
coscienza uno stato d’animo (come la paura), ma di mantenere in vita
l’organismo. L’amigdala è attiva (a volte con reazioni corporee, come
brividi, mediate dall’ipotalamo) prima che si sia coscienti della
minaccia. Essa, pensa LeDoux, riceve gli stimoli sensoriali per una
scorciatoia che dal talamo arriva all’amigdala saltando la corteccia.
Mostrando a volontari sottoposti a risonanze magnetiche cerebrali
immagini raccapriccianti per un tempo insufficiente a renderle
coscienti, l’amigdala s’attiva senza suscitare paura. L’amigdala attiva
non significa quindi che si senta paura. L’interpretazione che essa sia
il centro unico della paura confonde causa e correlazione. La paura è
un’esperienza di cui si è coscienti ed è il prodotto di sistemi
cognitivi della neocorteccia attivi in parallelo con l’amigdala.
L’emozione della paura è il risultato della coalescenza di centri
dell’attenzione, percezione, memoria, eccitazione.
L’amigdala
assolve il compito di cane da guardia dell’integrità inducendo la
secrezione di sostanze (acetilcolina, dopamina, serotonina, adrenalina,
ed altre) che mettono il corpo all’erta. La reazione fisica alla
minaccia può avvenire a opera dell’amigdala prima che se ne sia
coscienti. Già Cartesio cercò di spiegare perché si ritrae il piede
vicino a qualcosa che scotta prima d’averne coscienza. L’insieme di
rapidi processi automatici inconsci e di altri deliberativi più lenti è
un principio organizzativo fondamentale della mente e del cervello
umano. Come tutti i meccanismi di sopravvivenza (come il dolore fisico),
quelli della paura sono congeniti e selezionati dall’evoluzione. Già
gli esseri monocellulari evitano attivamente sostanze nocive. I primati
hanno paura dei serpenti, che, con le malattie infettive, sono le cause
più frequenti della loro morte, la prima volta che li vedono. Se
l’amigdala è lesa, la paura non si sente e non ci si protegge.
L’ansia
e gli stati correlati (preoccupazione, timore, inquietudine,
nervosismo) sono più insidiosi. L’ansia ha un potere sulla mente più
forte della paura, perché coinvolge il passato, con ricordi sgradevoli, e
il futuro, con previsioni infauste, senza che ci si possa difendere.
L’ansia può diventare una condizione debilitante, da trattare come
malattia. Negli Stati Uniti soffrirebbero del disturbo d’ansia 40
milioni di persone.
A differenza della paura l’ansia, per LeDoux,
non è un meccanismo innato. Essa sarebbe dovuta al cumulo di esperienze
negative che, per le modificazioni strutturali dell’amigdala e regioni
vicine indotte dalla neuroplasticità, altererebbe il rapporto con la
realtà.
Il libro s’occupa dei rimedi attuali e di quelli
possibili. Le società farmaceutiche si starebbero ritirando dal
«business dell’ansia»per i risultati clinici deludenti. I medicamenti
agirebbero sulle manifestazioni dell’ansia e non sui meccanismi nervosi
che la provocano. Non è sempre facile condividere la sicurezza
dell’autore nella distinzione fra paura e ansia. Per Kierkegaard l’ansia
è il prezzo che l’uomo paga per essere libero: la scienza mette in
dubbio il concetto di libertà dell’arbitrio, e quindi la causa
dell’ansia.
È un libro importante, in cui ricorrono moltissime
informazioni e riflessioni di neurofisiologia, neuropsicologia,
psicologia, filosofia e, marginalmente psicoanalisi, con le difficoltà
tradizionali di simili intrecci. L’utilizzo è facilitato da una
strutturazione esemplare dell’immensa bibliografia.
Joseph LeDoux, Ansia. Come il cervello ci aiuta a capirla , Cortina, Milano, pagg. 630, € 36
Joseph LeDoux, Rethinking the Emotional Brain , Neuron 73,
653-676, 2012