mercoledì 6 aprile 2016

Il Sole 6.4.16
I rischi di una sfida «personale» di Renzi contro i pm e la mossa degli 80 euro
di Lina Palmerini

Siamo già al terzo giorno di alta tensione tra Renzi e la magistratura. Un botta e risposta che non è chiaro quanto durerà e quali risvolti avrà. Quel che è certo è che se il premier vuole davvero, come diceva ieri, «non accusare i Pm ma un sistema che non funziona» allora dovrebbe evitare di declinare questa polemica come una sfida personale.
Di scontri tra la politica e la magistratura se ne sono visti diversi nel corso degli anni. E quasi sempre sono finiti con la sconfitta della classe politica o di singoli leader. Questo perché spesso la lotta è stata personalizzata e le vicende di uno solo sono state trasformate nel paradigma di ciò che non funziona nella giustizia. I due leader che vengono in mente sono Craxi e Berlusconi e in qualche modo le prime reazioni di Renzi sono state più simili al segretario socialista. Una sfida politica ma subito personale: vengano a interrogare me, ha detto il premier dopo le accuse su Tempa Rossa. E in direzione Pd ha rincarato la dose salvo ieri, dopo la bacchettata della sezione Basilicata dell’Anm che ha bollato quelle parole come «inopportune e insinuazioni viziate da interessi di parte», aggiustare il tiro. Quella precisazione del premier – «non accuso i Pm ma un sistema che non funziona» – correggeva quella sferzata fatta alla magistratura che non arriva mai a sentenza, o che apre inchieste con la cadenza delle Olimpiadi. Non c’era andato leggero.
Ma se lo scontro resta tutto personale, alla fine c’è il rischio di girarsi e non trovare nessuno. Ed è quello che manca in questa battaglia di Renzi contro i difetti del sistema giudiziario: non c’è il coinvolgimento di larga parte della classe politica e dell’opinione pubblica. Insomma, sfidare la magistratura sul piano della autonomia della politica e del Parlamento non ha senso se diventa solo una questione di leadership o una prova muscolare. Se il tema è un sistema carente o l’alterazione dei poteri, che senso ha la polemica? Non sono stati messi sul tavolo argomenti forti e comprensibili ma solo un botta e risposta su cui è difficile portare dalla sua parte il Pd e più forze politiche. E se non c’è questo, alla fine diventa una lotta solo del premier e del “giglio magico” su cui è facile trovarsi isolati e forse anche perdenti.
Un rischio di cui sembra consapevole il premier che ieri – accanto al corpo a corpo con la magistratura – ha deciso altre due cose: la prima è stata ipotizzare di dare 80 euro alle pensioni minime; la seconda di prendere l’interim dello Sviluppo economico. La prima mossa è piuttosto comprensibile. Il leader Pd torna allo schema di fidelizzare una fetta di elettorato, tra l’altro quello più svantaggiato, su cui difficilmente troverà oppositori interni ed esterni. Insomma, nel momento più duro della battaglia con i magistrati – e con la questione morale che incombe – cerca una sintonia popolare in senso proprio. E, ai 5 Stelle che lo accusano di fare affari con i petrolieri, lui risponde con un provvedimento per la fascia più povera del Paese, i pensionati con l’assegno al minimo. E in questo modo sposta anche l’attenzione dai magistrati alla versione “over60” degli 80 euro.
La seconda novità del giorno è l’interim allo Sviluppo economico ricevuto dal Colle. Questo vuol dire che almeno per altri tre o quattro giorni non ci sarà il nome del nuovo ministro. Una pausa di riflessione che mostra come il premier stia cercando di ricavarne un segnale politico. Sarà interessante, quindi, capire se il neo ministro sarà scelto con la logica dell’arroccamento o invece dell’apertura. Il fatto di aver spostato Delrio da Palazzo Chigi al ministero delle Infrastrutture rispondeva a una logica di chiusura: Renzi e i suoi fedelissimi alla presidenza del Consiglio mentre Delrio veniva allontanato. Ecco, anche la casella dello Sviluppo diventerà la cartina di tornasole di un modo di concepire le prossime battaglie: se di nuovo lo schema sarà il premier e i suoi contro tutti oppure maturerà in Renzi l’idea di un maggiore ascolto e coinvolgimento di ambienti politici diversi dal suo.