domenica 3 aprile 2016

Il Sole 3.4.16
La fase nuova e l’avversario che ora c’è
La santa alleanza Grillo-Salvini che ora fa paura
di Lina Palmerini

Comincia un’altra pagina per il premier. Se per molto tempo si è detto che non aveva avversari e che proprio il non averne era il suo peggiore handicap, dopo questi giorni di scandali e inchieste, sono diventati visibili. E forti. La questione morale è il trampolino di Grillo ma anche le candidature, scelte con cura a Roma e a Torino, hanno rafforzato la credibilità dei 5 Stelle. Renzi la chiama la «santa alleanza contro di noi», sommando grillini e leghisti, a cui dà appuntamento nello scontro finale di ottobre.
È il referendum costituzionale la data della grande battaglia, quella che Renzi considera l’unica davvero decisiva per il suo destino politico e quindi anche del Governo e del “suo” Pd. Salta tutto quello che c’è di mezzo e non è poco: il referendum del 17 aprile e soprattutto le amministrative del 5 giugno che non potranno non essere un test politico. Ma evidentemente il premier pensa che da giugno a ottobre avrà ancora margini per recuperare, per mettere sotto scacco quella santa alleanza fatta da Grillo e Salvini che diventa più insidiosa perché si muove con una certa sintonia. Non aperta ma ufficiosa.
Alle amministrative, per esempio, sono state molto chiare le dichiarazioni di Salvini e Meloni a favore della candidata grillina Raggi quando hanno detto che la voterebbero a un ballottaggio. Così come è stata piuttosto sospetta la rottura nel centro-destra decisa dal leader leghista sia a Roma che a Torino, guarda caso le due città in cui i 5 Stelle sono più forti. E non è sfuggita la rincorsa istantanea di Salvini a Di Maio quando, due giorni fa, ha annunciato la mozione di sfiducia contro il Governo. Un’offerta di alleanza scansata dal Movimento ma solo perché troppo smaccata e dunque imbarazzante.
Insomma, la pagina nuova che si apre per Renzi racconta di un avversario che ora c’è ed è credibile, soprattutto se fa asse comune mettendo insieme lo scontento di elettorati diversi. La nuova performance del premier è condizionata, quindi, da questa novità e le prime reazioni sono già visibili. Il leader Pd ha parlato di un doppio registro: da un lato la risposta punto per punto agli avversari – inclusa l’azione legale contro Grillo per aver accusato il Pd di avere le mani sporche di petrolio – dall’altro l’azione di governo.
Ed è qui la prova più difficile. Non tanto per le difficoltà dei temi sul tavolo – economia e lavoro; immigrazione e terrorismo – ma per la capacità che Renzi avrà di portare con sé tutto il partito. Perché è chiaro che se la “santa alleanza” avrà chance di affermarsi è perché il premier non sarà riuscito a costruire un altro fronte altrettanto compatto intorno a sé. Il Pd, innanzitutto, più la coalizione di Governo. In questo senso la direzione del partito convocata per domani assume un significato meno rituale di quelle passate. E quello spirito di appartenenza che Renzi ha tirato fuori ieri – annunciando azioni legali contro Grillo che infanga il Pd – avrà bisogno di una declinazione meno retorica e più sostanziale. Un collante da trovare nell’azione di governo, in qualche provvedimento – appunto – che rimetta insieme le anime del partito e aiuti il premier a sembrare meno solo “al comando”.
Ieri, nel suo intervento alla scuola di formazione del Pd, ha lasciato indizi contraddittori. L’evocazione di Marchionne «che ha fatto più di certi sindacalisti», di certo non sarà piaciuta alla minoranza Pd che ancora critica il Jobs act. Dall’altro, però, è tornato sul tema del referendum delle trivelle quasi mostrando di non voler silenziare un appuntamento su cui ha schierato il partito sull’astensione. Posizione criticata dalla minoranza interna e su cui non c’è stato il minimo sforzo di mediazione che, peraltro, era possibile. Basta dire della posizione di Romano Prodi, che ha dichiarato che non andrà a votare o voterà no, basta ricordare i dubbi che ha confessato lo stesso Bersani. Tornare a coinvolgere, insomma, è la chiave per combattere la santa alleanza senza rischiare “astensioni” nel suo partito nella battaglia politica più importante. E nel referendum fatale, quello di ottobre.