Il Sole 30.4.16
«No a Pechino economia di mercato»
Grande coalizione. I parlamentari europei dell’Italia hanno spiegato a Roma i motivi dell’opposizione
di C.Fo.
ROMA
Lo schieramento trasversale di europarlamentari contrari alla
concessione alla Cina dello status di economia di mercato (che va sotto
l’acronimo Mes) è tornato a spiegare le ragioni del «no» in un incontro
organizzato ieri a Roma presso la sede del Parlamento Ue. I deputati
europei hanno avviato sul tema una controconsultazione dopo quella
lanciata dalla Commissione e confidano che ne deriveranno dati più
accurati e chiari sull’impatto di un eventuale riconoscimento dello
status .
Antonio Tajani, primo vicepresidente dell’Europarlamento
(gruppo Ppe) e David Sassoli, vicepresidente in quota al gruppo
S&D, si ritrovano a parlare del caso con accenti molto simili.
«Il nostro no è chiaro - dice Tajani - e legato al fatto che la Cina non
ha ancora i requisiti per essere considerata un’economia di mercato. Si
rischia di andare incontro alla distruzione dell’industria europea».
Per questo Tajani continua a sostenere l’irrinunciabilità dei dazi:
«Anche qualora ci fosse una maggioranza che apre al Mes e la Commissione
andasse in questa direzione, la nostra linea del Piave deve essere la
difesa di misure antidumping».
Sassoli evidenzia anche l’esistenza
di «valutazioni politiche inerenti un quadro di diritti civili su cui
da parte cinese vanno fatti ancora tanti passi avanti». L’eurodeputato
del Pd mette poi sul tavolo alcuni numeri. «L’Italia sarebbe colpita per
il 40% degli interessi europei» dice, in riferimento alle stime secondo
le quali su 10 imprese europee difese dai dazi antidumping quattro sono
italiane. «Oltre all’acciaio - ricorda Sassoli - sono a forte rischio
la meccanica, la chimica, la bulloneria, l’industria della carta, la
ceramica. Potrebbero essere minacciati tra 200 e 500mila posti di
lavoro». Per David Borrelli, eurodeputato del M5S e organizzatore
dell’evento che si è svolto ieri a Roma, il confronto sul Mes a avuto il
merito di coagulare forze diverse con un unico obiettivo: «All’interno
dell’Europarlamento si è creato un gruppo di lavoro che raccoglie oltre
70 deputati di 16 Paesi in rappresentanza dell’intero panorama politico,
coesi nel lanciare la contro-consultazione».
La voce delle
imprese ha fornito ulteriori elementi. Paolo Mattei, vicepresidente di
Assocarta, ha portato la testimonianza diretta di un settore molto
esposto, con la vitale necessità di vedere rinnovate i dazi in scadenza a
maggio. Daniel Kraus, vicedirettore generale di Confindustria, ricorda
che al 2011, data dell’ultimo studio di verifica, la Cina rispettava
solo uno dei cinque criteri necessari per il riconoscimento del Mes. E
c’è un evidente problema di relazioni con le altri grandi controparti
mondiali. «Giappone e Stati Uniti - sottolinea Kraus - non hanno
intenzione di concedere lo status» e il rischio sarebbe una massiccia
deviazione dei flussi commerciali verso il mercato continentale. Senza
considerare altre implicazioni, come danni a catena che il Mes concesso
dall’Europa potrebbe arrecare anche agli stessi Stati Uniti nel caso in
cui contemporaneamente si firmasse il famigerato accordo transatlantico
Ttip.