giovedì 21 aprile 2016

Il Sole 21.4.16
Referendum: la minoranza pd non firma, scontro con Renzi
Bersani: «Già troppe sgrammaticature»
Il premier: «Ormai c’è una parte che fa opposizione su tutto, prendiamo atto»
di Emilia Patta
ROMA
Questione di eleganza. Di galateo istituzionale. Di sgrammaticatura. Così gli esponenti della minoranza del Pd - a cominciare da tre nomi di spicco come l’ex segretario Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo e Roberto Speranza - motivano il rifiuto di aggiungere la loro firma a quella dei colleghi parlamentari del Pd per la richiesta del referendum confermativo dopo i via libera del Parlamento alla riforma del Senato e del Titolo V. Ieri la maggioranza(e quindi con il Pd anche gli alfaniani di Ap, Scelta civica e i verdiniani di Ala in quanto favorevoli alla riforma anche se non formalmente nel governo) ha presentato in Cassazione la propria richiesta di referendum con in calce 237 firme dopo che martedì lo avevano fatto le opposizioni. Ma il gesto di lasciare alle opposizioni la prima mossa non è bastato ad evitare di rendere da subito espliciti i distinguo della minoranza dem. Il referendum in materia di riforma costituzionale, previsto come possibilità dalla Carta se non c’è il via libera dei due terzi del Parlamento, è per la sinistra Pd uno strumento a garanzia delle opposizioni contrarie alla riforma. «Ci sono già troppe sgrammaticature per aggiungerne altre», spiega Bersani. «Io la riforma l’ho votata, quella norma è a garanzia di chi non l’ha votata».
Eppure la forma in politica è spesso sostanza. Anche perché solo qualche giorno fa, alla Camera il 12 aprile gli stessi Cuperlo e Speranza hanno messo nero su bianco un documento con le “condizioni” per il loro appoggio al referendum confermativo, condizioni tra cui c’è anche la revisione dell’Italicum con l’introduzione del premio alla coalizione invece che alla lista. Non solo questione di galateo, insomma. Motivo per cui Matteo Renzi, dal Messico, ribatte subito colpo su colpo. «Ormai non è più una novità: su alcune questioni ci possono essere opinioni diverse ma nel Pd c’è ormai una parte che fa opposizione su tutto, dobbiamo prenderne atto. La decisione del referendum era stata presa tutti insieme, se qualcuno ha cambiato idea mi spiace ma non conta, perché tutti insieme andremo a chiedere il consenso ai cittadini. Noi non ci fermiamo, andiamo avanti». La minoranza del Pd dipinta come un partito di opposizione. E per di più che «non conta». Mai le parole di Renzi erano state così forti. «Quando ci vuole ci vuole», è il commento del premier con i suoi dal Messico.
La rottura anche simbolica della minoranza del Pd avvenuta ieri sul Ddl Boschi, provvedimento sul quale come è noto Renzi ha puntato tutto («se perdo vado a casa»), rafforza l’ipotesi di puntare molto sui comitati "spontanei” per il sì e meno sulla rete territoriale del partito. Comitati che nell’ottica di Renzi saranno anche il banco di prova per selezionare la futura classe dirigente, anche in vista della compilazione delle liste del Pd alle prossime politiche. I comitati saranno naturalmente guidati da un comitato nazionale in cui si raccoglieranno figure politiche di primo piano (certamente Pier Luigi Castagnetti, ma anche l’ex ministro Franco Bassanini e il prodiano Arturo Parisi) affiancate da una sorta di “team” di giovani costituzionalisti: da Stefano Ceccanti a Francesco Clementi, da Carlo Fusaro a Cesare Pinelli. L’ex Capo di Stato Giorgio Napolitano sembra intenzionato a non presiedere lui il comitato, se non altro per ragioni di età, ma l’attivismo delle ultime settimane fa pensare che comunque farà sentire la sua voce in campagna elettorale. Così come darà una mano, pur non potendo far parte del comitato per impegni pregressi, l’ex presidente della Camera Luciano Violante che ha dato il nome alla riforma “madre” del Ddl Boschi (la bozza Violante, appunto). E non può che aver fatto piacere a Palazzo Chigi la dichiarazione di voto in favore delle riforme da parte dell’ex premier Enrico Letta. Ma da qui a descriverlo come membro dei comitati per il sì ce ne passa: «Voterò sì, ma ora faccio un altro mestiere...».