domenica 17 aprile 2016

Il Sole 17.4.16
Quando la mafia pesa sulle elezioni locali
L’analisi economica e statistica mostra la correlazione tra scadenze elettorali amministrative e numero di omicidi
di Fabrizio Galimberti

L’economia si occupa solo di economia? Cioè di produzione e occupazione, tassi di interesse e tassi di cambio, consumi e investimenti? No, perché l’economia, oltre a essere un ramo del sapere, è anche un metodo di indagine. Il compito dell’economista è quello di dipanare la matassa e «presentare il conto», andando a esaminare tutte le ripercussioni di ogni decisione, valutando gli effetti e i controeffetti, in modo che la comunità possa decidere con cognizione di causa, e non sotto l’onda delle emozioni o degli slogan. E la matassa può riguardare tanti fenomeni, anche molto lontani da quel che consideriamo «economico». Per esempio, gli economisti hanno affrontato, armati dei ferri del mestiere, questioni come: c’è evidenza di match truccati fra i lottatori di sumo? La pena capitale riduce i crimini? La legalizzazione dell’aborto ha ridotto il tasso di delinquenza? L’economia è un modo di ragionare, non è un codice di comportamento. Ma questo modo di ragionare non è senza cuore. Ha bisogno di valori, ma i valori li mettete voi. E, al termine del ragionamento economico, quei valori risaltano ancora di più se si distillano, puri e cristallini, dopo un viaggio tortuoso negli alambicchi della ragione.
Ciò detto, di che cosa ci occupiamo questa settimana? Ci occupiamo di un triste fenomeno: l’influenza della criminalità organizzata sulle elezioni locali in Italia. Un fenomeno che è stato analizzato da tre economisti: Alberto Alesina, Salvatore Piccolo e Paolo Pinotti (vedi “Per saperne di più”).
Abbiamo già detto in passato che la democrazia va bene con l’economia, come il pane col salame. È bene che l’agire economico, l’intrapresa, l’assunzione di rischio siano compensati adeguatamente, senza il timore che i risultati di questo agire siano appropriati da un tiranno. Gli economisti, quindi, hanno diritto a indagare quelle situazioni che minano la democrazia, come l’agire di organizzazioni criminali che influenzano le elezioni così da “catturare” i politici eletti e piegare poi le decisioni, a livello nazionale o locale (Comuni, Province o Regioni) verso i propri interessi.
Ma come si procede in questa indagine? Anche gli organismi criminali, come la mafia, seguono il ragionamento economico (il massimo risultato col minimo mezzo) e agiscono soppesando costi e benefici di ogni intervento. Alesina & C. hanno utilizzato, per determinare se davvero la mafia ha una strategia di influenzare le elezioni, le statistiche sugli omicidi, dal lontano 1887 a oggi. Hanno messo in relazione il numero di omicidi con le scadenze elettorali (per le elezioni locali), e hanno determinato che vi è un’intensificazione di questi ammazzamenti (come si sa, i modi della mafia sono spicci) nell’anno che precede le elezioni. La ragione è semplice: le mafie vogliono che siano eletti coloro che preferiscono e si sbarazzano dei candidati scomodi, mentre questi omicidi valgono anche di intimidazione per gli altri.
Gli omicidi di cui si parla sono tutti gli omicidi, non quelli legati a persone politicamente attive. Ma è possibile, per un periodo più corto (vedi nel grafico il periodo 1974-2013) guardare più specificamente agli omicidi politici: come si vede, questi sono concentrati al Sud, dove è più grande l’influenza della criminalità organizzata. Violenza e intimidazioni erano diventate così frequenti e preoccupanti che il Parlamento italiano, nel 2013, istituì una Commissione per fare il punto – cause e rimedi – su questo fenomeno, e il grafico è tratto dal rapporto del 2015 della Commissione “Lo Moro et al”.
L’indagine non finisce qui. Il ricorso alla violenza, nel modello economico di Alesina & C., è diverso a seconda che il sistema elettorale sia proporzionale o maggioritario. In questo secondo caso, ci dovremmo aspettare che gli omicidi siano concentrati su quei territori dove il collegio è molto conteso. Se in un collegio uno dei partiti è molto forte e si sa già chi sarà eletto, c’è poco spazio per influenzare, con la violenza, il risultato. Ma nei collegi dove i partiti contendenti si battono ad armi pari, o quasi pari, la violenza può cambiare i risultati. E in effetti l’analisi geografico-elettorale degli omicidi, condotta con moderne tecniche statistiche, ha confermato che questo era appunto il caso.
Un altro risultato interessante sta in un test di “intimidazione”. I ricercatori hanno messo assieme 300mila pagine di interventi di parlamentari (al Parlamento nazionale) eletti in Sicilia, nel periodo 1945-2013. Un software apposito ha scandagliato i documenti e contato il numero di volte che la parola “mafia” è stata usata, anno per anno, e questi dati sono stati correlati al numero di omicidi politici. Anche qui, una conferma: quando il numero di omicidi, nel periodo precedente le elezioni, era alto, nella legislatura successiva i parlamentari eletti menzionavano la mafia con minor frequenza.
Infine, un’altra dimostrazione della efficacia dei metodi impiegati sta nell’analisi della strage di Portella della Ginestra (del 1° maggio 1947) quando molti lavoratori fuurono uccisi da «elementi reazionari in combutta con i mafiosi», come disse il rapporto dei carabinieri. La mafia era da sempre contro i partiti di sinistra, e l’analisi di quella strage porta a queste conclusioni: nelle elezioni del ’47 (prima della strage) la quota di voti ottenuta dalla sinistra non varia significativamente aumentando la distanza dalla località Portella della Ginestra. Ma dopo la strage, nelle elezioni del 1948, la quota di voti della Sinistra cade considerevolmente nelle circoscrizioni vicine al luogo del massacro (cade più che in circoscrizioni lontane). Anche qui, l’intimidazione aveva funzionato e le campagne elettorali erano state condotte, dai candidati locali della sinistra, con minor vigore, tanta era la paura e più vivo il ricordo della strage.