domenica 17 aprile 2016

Corriere 17.4.16
Un quesito da dividere, i radicali si mobilitano
di Fulco Lanchester, Riccardo Magi, Mario Staderini

Approvate il testo della legge costituzionale concernente «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione »?
È questo il quesito che gli italiani troveranno nella scheda in occasione del referendum costituzionale. Una domanda distorcente che vulnera palesemente la libertà di voto e contraddice la stessa giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di omogeneità del referendum, così come gli standard democratici internazionali che impongono l’unità del contenuto, a partire dal Codice di buona condotta della Commissione di Venezia.
La Riforma Renzi-Boschi, più simile all’esercizio di un potere costituente che di revisione, coinvolge il 35% degli articoli della Costituzione, addirittura il 57,5% della seconda parte. Un mix di modifiche disomogenee che unisce obiettivi pluridecennali, come la fine della fiducia bicamerale, e opzioni discutibili, come il Senato non elettivo. Obbligare gli elettori al prendere o lasciare, al dire sì o no a tutto, significa sottrarre loro un reale potere di scelta e costringerli al plebiscito pro o contro Renzi. Secondo un recente sondaggio, il 67% degli italiani è favorevole alla fine del bicameralismo, mentre l’81% è contrario a un Senato composto da consiglieri regionali e sindaci. L’indicazione è chiara: obbligare i cittadini a votare la riforma per intero creerà ulteriore disaffezione e crisi di legittimità.
Perché il referendum costituzionale non sia un plebiscito, bensì un’occasione di vera democrazia, gli elettori devono essere chiamati a votare i singoli aspetti della riforma costituzionale. Per consentire un’opera di discernimento adeguata, due sono le strade: la richiesta di referendum parziale (l’iniziativa verte sulle parti non condivise dal Comitato promotore, che quindi sottopone al demos solo alcuni aspetti della legge); o il referendum per parti separate, per cui viene sottoposta al voto l’intera legge ma divisa per singoli capitoli omogenei. La Costituzione non li vieta; anzi, la necessità di garantire la libertà di voto di cui all’articolo 48 semmai li rende necessari. Le lacune della legge n 352 del 1970, che non li prevede espressamente, ben potrebbero essere superate dall’Ufficio centrale della Corte di Cassazione, eventualmente coinvolgendo la Consulta.
Per questo motivo, abbiamo deciso di promuovere con chi vorrà la costituzione di «Comitati per la libertà di voto», raccogliendo firme — tra i parlamentari e tra i cittadini, se ci verrà consentito — su una richiesta di referendum per parti separate e su due quesiti di referendum parziali. Di questi ultimi, il primo dovrebbe riguardare solo il nuovo metodo di composizione ed elezione del Senato: qualora vincessero i no al referendum parziale e il sì al resto della legge, non sarebbe toccata la fine del bicameralismo e la natura regionale del Senato che però, anziché essere composto da consiglieri regionali, rimarrebbe di 315 senatori eletti direttamente dal popolo, sebbene senza indennità. Il secondo referendum parziale, si oppone alle modifiche dell’art.75 della Costituzione, vera controriforma del referendum abrogativo che non rimuove ostacoli antidemocratici come il quorum bensì aumenta il numero di firme necessarie.
Ci rivolgiamo a chi si oppone all’intera riforma, a chi vorrebbe referendum parziali diversi ed a chi dice di non volere il plebiscito. Anche per il referendum costituzionale l’elemento fondamentale sarà rappresentato dalla procedura di votazione prima che dal merito. L’attenzione alla libertà di voto non si limita, pertanto, al quesito referendario, ma coinvolge anche le procedure di raccolta firme, la fissazione della data nonché le garanzie per fornire e acquisire informazioni. Almeno sulle regole del gioco, sarà bene ritrovarsi allo stesso tavolo.
*ordinario diritto costituzionale Università La Sapienza **segretario radicali italiani ***autore ricorso all’Onu contro l’Italia in materia referendaria