Il Sole 16.4.16
Il fragore dei populismi
di Adriana Cerretelli
Il
presidente della Repubblica l’aveva detto solennemente davanti
all'emiciclo di Strasburgo il 25 novembre scorso: «Di fronte alle
fortissime pressioni migratorie e alle minacce del terrorismo, ci si
interroga se chiudere le frontiere, ponendo in discussione alcuni valori
europei, a partire dalla libera circolazione delle persone».
«Io
credo – aveva continuato - che dobbiamo affrontare queste sfide alla
luce dei valori per i quali dichiariamo di combattere, valori senza
tempo come democrazia, tolleranza e accoglienza, unità, solidarietà e
coesione, che sono stati e devono restare le fondamenta e il cemento
armato della costruzione europea».
Sono passati cinque mesi da
quell’intervento sommesso nei toni ma appassionato nei contenuti di
Sergio Matterella e del suo europeismo lucido e convinto. Nel frattempo
però, invece di retrocedere, le divisioni intra-europee sono aumentate, i
muri dentro e fuori dall’Unione si sono moltiplicati, nazionalismi ed
egoismi sembrano ogni giorni di più farla da padrone in un’Europa
apparentemente incapace di ritrovare il filo di Arianna nel labirinto
della propria miopia esistenziale.
Ultimo episodio di una serie
esecrabile, il muro del Brennero, l’ansia dell’Austria di erigere una
barriera al confine con l’Italia, dopo aver sigillato la rotta dei
Balcani per impedire ai disperati in fuga dalla guerra civile siriana di
chiedere e trovare asilo in Europa. Meglio, nel Nord Europa.
Le
tensioni diplomatiche tra Roma e Vienna in questi giorni sono forti in
attesa, si spera, che la Commissione Ue risolva il contenzioso
limitandosi semplicemente a pretendere e ottenere che l’Austria applichi
le regole di Schengen. Le quali prevedono il ripristino temporaneo dei
controlli alle frontiere solo di fronte a emergenze reali, non
semplicemente paventate. In breve, i muri preventivi non sono
contemplati dal codice di comportamento comunitario.
Nel pieno
dell’ennesima brutta crisi intra-europea, che coinvolge in prima persona
il nostro paese, Sergio Matterella ieri ha rotto il silenzio lanciando
un nuovo richiamo alla ragione europea, che è quella dell’interesse
generale nel quale far confluire le vari ragioni nazionali, oggi in
piena anarchia.
«Le risposte che alcuni paesi cercano di dare su
base individuale sono spesso inadeguate e miopi. Le soluzioni durature
possono nascere solo da un esame obiettivo delle cause alla base del
fenomeno e devono trovare un solido ancoraggio nei principi e nel valori
europei».
Ancora una volta, dunque, il presidente della
Repubblica ribadisce che, qualunque sia la crisi e la sua gravità,
l’Europa non è il problema ma la sola soluzione possibile. E tale deve
essere per tutti i suoi paesi membri. Peccato che per ora tutti gli
appelli alla logica e al buon senso, tutti i richiami degli europeisti
di buona volontà sembrino destinati a perdersi nel fragore dei populismi
e degli estremismi di ogni segno e colore.