Il Sole 16.4.16
Le scommesse di Renzi, Emiliano, Grillo
di Lina Palmerini
In
ogni caso il referendum sarà un’occasione di bilancio politico, sia con
il quorum sia senza. Perché se sarà molto evidente la sconfitta di
Renzi nel caso andasse a votare il 50% più uno degli elettori, anche la
mancanza del quorum porterà a qualche conclusione. Per esempio si
misurerà il peso di Emiliano nel Pd che si è così impegnato per il sì e
contro il premier.
E sarà una spia per i 5 Stelle che affrontano le urne due giorni dopo la perdita di Casaleggio.
Come
si è visto in queste ultime settimane, alcuni esponenti politici hanno
molto scommesso sul quesito no-Triv. Anzi per alcuni, questo
appuntamento elettorale è stato scelto come piccola prova generale per
verificare la presa sull’elettorato. Una sorta di test di popolarità per
aspiranti leader, soprattutto nel campo del Pd. Così almeno appare
l'esposizione di Michele Emiliano, governatore della Puglia, il più
attivo e impegnato nella battaglia a difesa del “mare dei pugliesi” e
dunque schierato contro le trivelle. Nel suo caso, anche se la soglia
del quorum non dovesse essere raggiunta, sarà importante vedere quanti
elettori ha trascinato nella “sua” Puglia o almeno nel Mezzogiorno. Il
presidente della Regione si è infatti preso la bandiera contro il leader
del suo stesso partito, Renzi, come se volesse in qualche modo
anticipare una futura gara dentro il Pd. Gli ha dato del “venditore di
pentole”, scavalcando la normale dialettica politica e su un tema che è
sempre stato divisivo all’interno del centro-sinistra: quello
dell’energia e dell’ambiente. E questo tema è diventato un primo terreno
di scontro che ha consentito a Emiliano di emergere come figura
nazionale anti-Renzi e non solo come “portavoce” di una realtà locale.
Ecco,
se la sua battaglia non dovesse superare il quorum nemmeno in Puglia o
al Sud, è evidente che l’aspirazione a contrastare la leadership
renziana nascerebbe molto debole. Insomma, l’esito di domenica non sarà
banale per lui che leggerà le schede anche per prendere – o no – la
rincorsa contro il premier e immaginare una nuova battaglia magari al
referendum costituzionale e poi verso lo scontro congressuale.
Stesso
discorso per Roberto Speranza, lui che è il “titolare” della guida
della sinistra interna contro il premier, si trova a dover affrontare lo
stesso giudizio popolare. Almeno nella “sua” Lucania, per altro scossa
dalle inchieste di Potenza che hanno portato alle dimissioni del
ministro dello Sviluppo Federica Guidi. Anche per Speranza è un piccolo
test di leadership: capire quanti ne porterà dalla sua parte nella sua
Regione, la Basilicata, ma anche fuori dove – in qualche modo – si
peserà anche la consistenza della minoranza interna del Pd. Nonostante
l'ex leader Bersani abbia dichiarato che voterà – ma voterà “no” – la
fetta più grande della sinistra del Pd è schierata sul sì e ha quindi
giocato una carta importante sul referendum di domenica.
E non
sarà banale questo passaggio per i 5 Stelle. Ieri Beppe Grillo ha
tuonato contro Renzi e Napolitano schierati per l’astensione ma se l’è
presa anche contro i “silenzi” di Mattarella sul referendum. Una
esposizione necessaria a poche ore dall’apertura delle urne anche perché
cadono in un momento particolare per il Movimento: solo due giorni fa
sono stati celebrati i funerali di Casaleggio e ci si aspetta un segnale
di reazione dell’elettorato pentastellato dalle urne di domani. Ci
sarà? È una prima verifica di come si senta il popolo dei 5 Stelle
orfano della sua guida.