Il Sole 16.4.16
Se l’Europa accetta lezioni di libertà dalla Turchia
di Alberto Negri
L’Europa
adesso prende lezioni di libertà di parola e di satira da un Erdogan
sempre più irascibile. Questo avviene perché quando si stringe la mano a
un raìs mediorientale è possibile che lui si prenda anche il braccio. È
successo al premier italiano Matteo Renzi che per primo in Europa aveva
sdoganato il generale Al Sisi che ora nasconde le prove dell’assassinio
di Giulio Regeni, diventato un caso internazionale nonostante la
Francia di Hollande, sulla via del Cairo per una commessa di armi da un
miliardo di euro, faccia finta di nulla. Accade ora alla cancelliera
Angela Merkel.
Continua pagina 20 Alberto Negri
Continua da
pagina 1 Che sulla scena mediorientale è brava in affari e un po’ meno
in politica perché le sue soluzioni come l’accordo sui profughi con la
Turchia hanno effetti collaterali assai spiacevoli. Il caso del comico
Jan Böhmermann ha innescato un’aperta crisi diplomatica tra Berlino e
Ankara, proprio nei giorni successivi alla firma dell’intesa sul
rimpatrio dei rifugiati dalla Grecia alla Turchia. Si può dire che
Ankara e il presidente Tayyip Erdogan non aspettassero altro per
attendere al varco gli improvvidi tedeschi.
Ridere del raìs in
Medio Oriente è vietato, soprattutto in Turchia dove il senso
dell’umorismo è un reato, per non parlare di quanto accade ai
giornalisti, come il direttore di «Chumurriyet Dundar», che rischiano
l’ergastolo quando pubbicano le prove del coinvolgimento dei servizi
turchi con l’Isis. La satira nel mondo arabo-musulmano è diffusa ma
perennemente sotto il tiro della censura e della magistratura. Il
sorriso o il ghigno beffardo dell’umorista sono violazioni gravi,
soprattutto quando solleticano il potere politico o la religione.
L’accusa di blasfemìa è all’ordine del giorno.
Tutto è iniziato
con l’irritazione di Ankara per un programma di satira politica della tv
Ndr che aveva trasmesso un rap in cui si criticava la gestione di
Erdogan. Come reazione alle reprimende turche, Böhmermann ha letto un
poema intitolato «Critica diffamatoria» nel suo show sulla rete pubblica
Zdf. Su di lui adesso pendono due azioni penali: una richiesta da
Ankara e un’altra personale di Erdogan, in base a un articolo del codice
penale tedesco che punisce gli insulti contro un rappresentante di uno
stato straniero.
La legge deve essere rispettata ma la Germania
sta facendo comunque una pessima figura alla quale però potrebbe subito
rimediare. Il 23 aprile la cancelliera Merkel si recherà a Gaziantep da
Erdogan per un incontro sui flussi migratori, accompagnata dal
vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans e dal
presidente dell’Ue Donald Tusk. In quell’occasione Merkel e i
rappresentanti europei, prima di dare in pasto il comico germanico a
Erdogan, dovrebbero chiedere conto al presidente turco delle continue
violazioni dei diritti umani e delle leggi sulla stampa messe in luce
dall’ultimo rapporto del Consiglio europeo, molto simile a quello degli
Stati Uniti in cui si afferma che la Turchia ha usato le leggi
antiterrorismo e di sicurezza nazionale per «reprimere l’attività della
società civile, asfissiare il legittimo confronto politico e il
giornalismo investigativo».
Nella lotta contro il terrorismo la
Turchia sta calpestando i diritti dei cittadini e la libertà di stampa,
afferma il commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa Nils
Muiznieks. Sono sempre di più le città a maggioranza curda dove viene
imposto il coprifuoco e l’esercito nei raid contro il Pkk non colpisce
soltanto i guerriglieri ma anche civili. Strasburgo lancia l’allarme
anche per il deterioramento della libertà d’espressione e punta il dito
sull’«aumento esponenziale dei processi per insulto al presidente», sul
fatto che la Turchia detiene il record di giornalisti in carcere e sui
danni irreparabili al pluralismo causati dalla presa di controllo di
giornali e televisioni.
Se la Merkel e i vertici europei avranno
il coraggio di interrogare Erdogan su questi temi allora faranno
sorridere soddisfatti anche noi cittadini europei e forse persino
l’imputato Jan Böhmermann.