Il Sole 14.4.16
È Londra ad aver bisogno di Bruxelles
di Barry Eichengreen
Ho
vissuto nel Regno Unito fino a poco meno di un anno fa. E qui in
California abbiamo il nostro dibattito simile alla Brexit, con un
movimento che ha l’obiettivo di inserire nella scheda elettorale di
novembre la proposta di separarsi dagli Stati Uniti. Ma mentre l’idea
dell’indipendenza della California potrebbe sembrare comica, il
referendum sulla Brexit del 23 giugno non è uno scherzo. Ovviamente, la
Brexit danneggerebbe la competitività delle esportazioni della Gran
Bretagna. A dire il vero, i legami con l’Ue non sarebbero recisi
immediatamente, e il governo britannico avrebbe un paio di anni per
negoziare un accordo commerciale con il mercato unico europeo, che
rappresenta quasi la metà delle esportazioni britanniche. Le autorità
potrebbero strappare un accordo bilaterale come quello della Svizzera,
che garantisce l’accesso al mercato unico per le industrie e settori
specifici. Oppure potrebbero seguire l’esempio della Norvegia e accedere
al mercato unico attraverso l’appartenenza all’Associazione europea di
libero scambio.
Tuttavia la Gran Bretagna ha bisogno del mercato
europeo più di quanto l’Ue abbia bisogno della Gran Bretagna, in questo
modo la contrattazione sarebbe asimmetrica. E i funzionari Ue molto
probabilmente condurranno delle trattative dure infatti, al fine di
scoraggiare gli altri paesi ad uscire dall’Unione Europea. Il Regno
Unito dovrebbe accettare le norme e i regolamenti comunitari sui
prodotti, senza battere ciglio e senza dire una parola sulla loro
ideazione - e si troverebbe in una posizione molto più debole al momento
di negoziare gli accordi di accesso al mercato con partner extra-Ue
come la Cina. Inoltre, la Brexit minerebbe la posizione di Londra come
centro finanziario d’Europa. In un mondo post-Brexit, infatti, a
Francoforte e Parigi non sarebbe più impedito di imporre misure che
favoriscono le loro banche e le loro piazza azionarie rispetto a quelle
di Londra.
La città è anche un esempio di un settore che si basa
molto sulla manodopera straniera. Oltre il 15% dei lavoratori nel
settore bancario, finanziario e assicurativo è nata all’estero. Attrarre
e trattenere talenti stranieri diventerà più difficile dopo la Brexit,
quando i lavoratori dell’Ue che si trasferiscono in Gran Bretagna non
saranno più in grado di usufruire dei loro diritti pensionistici e le
altre agevolazioni del mercato unico del lavoro spariranno.
Una
Gran Bretagna che è solo un altro potere centrale sarebbe, inoltre, meno
in grado di prevedere un’influenza militare e diplomatica a livello
globale di quanto lo sia attualmente, lavorando in concerto con l’Unione
europea. Anche se il Regno Unito restasse un membro della Nato,
dobbiamo ancora vedere quanto sarà funzionale l’Alleanza nell’era dopo
l'egemonia degli Stati Uniti.
Mentre l’Ue deve ancora sviluppare
una politica estera e di sicurezza coerente, la crisi dei rifugiati in
atto mostra chiaramente che dovrà muoversi in questa direzione. In
effetti, questo è l’unico aspetto più ironico del dibattito Brexit. Dopo
tutto, l’opinione pubblica britannica ha iniziato a essere a favore
dell’adesione all’Ue dopo la fallita invasione di Suez del 1956, che ha
insegnato al Paese che, privo dell’impero, non poteva più attuare una
politica estera efficace da sola.
Tutto ciò induce a chiedere:
cosa ne pensano i sostenitori della Brexit? La risposta è che non
pensano. La campagna Brexit suscita gli stessi sentimenti primordiali di
Donald Trump negli Stati Uniti. La maggior parte dei sostenitori Brexit
è arrabbiata e gli elettori che si sono sentiti lasciati soli sono
delusi. L’esposizione al commercio e alla finanza internazionale, che è
ciò che l’adesione all’Ue comporta, può aver avvantaggiato il Regno
Unito nel suo insieme, ma non ha funzionato a vantaggio di ogni
individuo. Così gli svantaggiati se la prendono - con il commercio,
l’immigrazione e il fallimento dei politici convenzionali
nell’affrontare i loro guai. Fondamentalmente, un voto per la Brexit è
un voto contro il Primo ministro David Cameron, il Cancelliere dello
Scacchiere George Osborne e il contesto politico in generale.
Il
vero problema, ovviamente, non è l’Unione europea; è il fallimento della
classe politica britannica nel fornire un aiuto significativo alle
vittime della globalizzazione. Nel mese scorso, il Ministro per il
lavoro e le pensioni Iain Duncan Smith si è dimesso per protesta contro i
tagli proposti dal governo alle prestazioni assistenziali. E il 1
aprile, il salario minimo è stato aumentato. Forse le voci della gente
arrabbiata e scontenta sono state finalmente ascoltate. In tal caso, il
dibattito sulla Brexit non sarà stato inutile, dopo tutto.