il manifesto 14.4.16
Anche in Spagna i socialisti guardano a destra
Larghe
intese. Nuove elezioni o riapertura del dialogo con Rajoy, il Psoe
chiude la strada a un governo di sinistra. Una tendenza europea
di Massimo Serafini, Marina Turi
Naufragato
il tentativo socialista di dare un governo alla Spagna, fallita
l’ipotesi di coinvolgere nel progetto Ciudadanos e Podemos. Il risultato
scontato è uscito allo scoperto la settimana passata, dopo l’incontro
tra i tre partiti. Il fallimento lo si poteva intuire già dalle
dichiarazioni rilasciate dagli esponenti di Podemos e Ciudadanos
sull’inconciliabilità dei rispettivi progetti. Bizzarra l’idea di
Sánchez di unire in un programma di governo chi si propone di portare
alla guida del paese le piazze del 15 de Mayo e chi al contrario è stato
concepito per soffocarle e che ha come orizzonte strategico quello di
dare un volto giovane e un po’ piacente, ma non meno liberista, alla
destra spagnola. Più che una bizzarria è stato un tentativo di sottrarsi
alle sole alternative che il voto del 20 dicembre scorso lasciava ai
socialisti: la prima, auspicata da chi comanda in Europa e dal blocco di
interessi che hanno sostenuto l’esecutivo Rajoy, dare vita a un governo
di larghe intese fra socialisti, Ciudadanos e Partito Popolare e la
seconda, votata da oltre 11 milioni di spagnole e spagnoli, costruire
una coalizione fra Psoe, Podemos e Izquierda Unida che strappasse
l’astensione del Partito Nazionale Basco, per un governo in radicale
discontinuità con le politiche dell’esecutivo Rajoy.
Queste le sole opzioni possibili per evitare la ripetizione delle elezioni.
L’intento
del Psoe, spinto da divisioni interne e con l’idea di isolare e
logorare il partito di Pablo Iglesias, si intravedeva da quando Pedro
Sánchez, ottenuto l’incarico dal re, ha deciso di avviare il suo
tentativo guardando a Ciudadanos, cioè alla sua destra, anziché verso
Podemos e Iu, per dar vita a un governo delle sinistre.
Ma ancora
più significativo è stato il fatto che, portato a casa l’accordo
programmatico con Ciudadanos, Sánchez lo abbia presentato come soglia
invalicabile del cambiamento possibile per la Spagna, e di conseguenza o
Podemos si associava o si sarebbe assunto lui la responsabilità di
sottoporre il paese a nuove elezioni. Anche considerando non alternativi
fra di loro Podemos e Ciudadanos è del tutto evidente che l’unica
possibilità di allargare l’accordo raggiunto tra Sánchez e Rivera a
Podemos, era quella di accogliere modifiche, accettando almeno qualcuna
delle 20 proposte disciplinatamente presentate all’incontro da Pablo
Iglesias. Dire, a rottura consumata, come hanno fatto i socialisti, che
buona parte di quelle proposte era assumibile, conferma solo la
preoccupazione di Garzón di Iu, che è già iniziata la campagna
elettorale e che l’incontro fosse stato convocato con il solo obiettivo
di rompere. Una volontà di rottura, non necessariamente finalizzata a
nuove elezioni visto che Sánchez, a nome del Psoe, ha dato disponibilità
a riaprire il dialogo con Rajoy. Con l’assistenza di Ciudadanos che, se
non altro con chiarezza e trasparenza fin dall’inizio, ha ripetuto che
l’intesa raggiunta con i socialisti è più facilmente estendibile al Pp,
alla destra, che non a Podemos, alla sinistra.
La responsabilità
dello stallo attuale è dunque largamente dei socialisti che nei prossimi
giorni dovranno scegliere tra le possibili soluzioni rimaste: piegarsi
alle larghe intese o ripetere le elezioni. Certo ci sarebbe tempo anche
per una terza spregiudicata possibilità. Rompere con le destre e
raccogliere la spinta al cambiamento emersa dal voto, quella alleanza a
sinistra che le 20 proposte presentate da Podemos ben esprimono.
Comprensibile
la resistenza dei socialisti del Psoe a incamminarsi sulla strada del
governo di sinistra, che li obbligherebbe a ridiscutere scelte di fondo,
a cominciare dal modo stesso di stare in Europa. Decisione ancora più
complicata, perché è proprio l’intero socialismo europeo ad avere deciso
una collocazione subalterna al liberismo, che ovunque lo ha spinto ad
aderire a governi di unità nazionale. Ma se è comprensibile la
riluttanza a cambiare così profondamente la propria collocazione,
identità e linea politica, meno comprensibile è il ritardo nel trarre un
bilancio di questa scelta: la consegna del progetto Europeo alla destra
liberista. La gestione che i socialisti spagnoli hanno fatto del voto
fa capire che questo bilancio non lo si vuole trarre. Una
indisponibilità che va oltre i confini spagnoli, che si intravede anche
nella decisione del socialista Hollande di ignorare le proteste della
gioventù francese contro la legge sul lavoro che la condanna al
precariato.
Il socialismo europeo più che preoccuparsi di
soffocare gli spazi che si aprono alla sua sinistra dovrebbe con serietà
riflettere sul fatto che la sua scelta di subalternità al liberismo
apre pericolosi varchi alle destre nazionaliste e razziste. Continuare a
vedere il nemico a sinistra, illudendosi che una volta superata la
crisi riprenderà a splendere un sole dell’avvenire, è solo un tragico
errore.