Il Sole 12.6.16
«No» all’Europa del filo spinato
di Adriana Cerretelli
Niente
muri né filo spinato al Brennero. No, affatto. La barriera alla
frontiera tra Austria e Italia è semplice «management di confine»: ci
tiene a chiamarla così Heinz Fischer, il presidente austriaco che
evidentemente ama lo slalom spericolato tra concetti e parole. Come se
il rifugio nell’ipocrisia semantica potesse salvare la faccia di un
Paese che già di scheletri nell’armadio della storia ne vanta di
eccellenti ma che da settimane non esita a rinnegare spirito e credo
europei per arroccarsi nel chiuso della sue beata prosperità.
Indivisibile soprattutto, per favore. L’anno scorso, povera Austria, con
i suoi 8,5 milioni di abitanti si è già fatta carico di 80mila
rifugiati, scambiandoli per un’invasione.
Perciò quest’anno la
soglia non potrà superare i 35mila. Peccato che nel 2015 la Grecia, 11
milioni di persone taglieggiate da povertà, rigore e recessione, ne
abbia accolti 900mila.
In Europa si gridò allo scandalo e alla
vergogna quando nel settembre scorso Viktor Orban decise di chiudere le
frontiere con la Serbia per arrestare la marea umana. In realtà il
premier ungherese ha fatto scuola. Da allora i muri sono proliferati
ovunque, dentro e fuori dall’area Schengen della fu libera circolazione
delle persone. Sono 9 i Paesi che hanno in essere i controlli alle
frontiere, comprese Germania e Francia.
Ma la progressiva
“orbanizzazione” dell’Europa ha trovato nell’Austria il suo emulo più
entusiasta e convinto. Tanto da arrivare a convocare unilateralmente,
forse preda di un attacco di nostalgia imperial-asburgica, un vertice
con tutti i Paesi della rotta balcanica per decidere di chiuderla
sigillando il confine tra Grecia e Macedonia. Mettendo Unione, Grecia e
Germania di fronte alla politica del fatto compiuto.
Intendiamoci,
non che il guizzo decisionista di Vienna non facesse comodo a molti, a
Est come a Ovest. Del resto l’accordo Ue-Turchia per rimandare tutti gli
immigrati illegali approdati in Grecia, siriani inclusi, sulle coste
turche da dove si sono imbarcati risponde alla stessa logica: buttarli
fuori invece di chiudere loro la porta in faccia. Non si sa se
l’outsourcing risolverà il problema regolando il flusso dei siriani che
saranno accolti in Europa. Per ora gli arrivi sono crollati. La Germania
della Merkel respira.
Ma l’Austria non si accontenta: vuole
essere più realista del re. E siccome i disperati respinti in Grecia
potrebbero ritrovare in massa la via dell’Italia, meglio non rischiare
orchestrando subito il blocco preventivo del Brennero. Di sicuro la
diffidenza verso il Governo italiano che troppo spesso ha chiuso gli
occhi sulla fuga verso nord degli immigrati ha fatto la sua parte. E si
potrebbe anche dire a ragione, se i precedenti di Vienna su tutta la
vicenda rifugiati non avessero provveduto già a tracciare il profilo di
un paese piccolo piccolo, di grettezza, miopia e egoismo disarmanti.
Povera
Italia ma soprattutto povera Europa, sempre più in balia di Governi
incapaci di guardare al di là degli steccati in cui si rinchiudono,
nell’illusione di poter non affrontare gli enormi problemi con cui
comunque prima o poi dovranno misurarsi.