il manifesto 30.4.16
Il vecchio Ippocrate e il medico amministrato
Sanità.
Riformisti e conservatori, ma a parti rovesciate, tra i neo e i post
ippocratici. La "slow medicine" che nonostante le buone intenzioni porta
all’accettazione della medicina amministrata
di Ivan Cavicchi
Le
profonde e accresciute diseguaglianze del servizio sanitario si
intrecciano con i cambiamenti dello stesso paradigma ippocratico. Oggi
la medicina ippocratica è in crisi e ci pone un dilemma: da una parte, a
partire da me, si ritiene che i postulati che l’hanno definita come è
ora sono tutti cambiati per cui si avrebbe bisogno di fare una riforma.
Orientamento “neo-ippocratico”. Altri, “post-ippocratici”, invece che
soprattutto a causa dei problemi economici alcuni suoi postulati siano
ormai insostenibili per cui andrebbero contro riformati.
Il
discrimine passa per i due principi cardine della medicina
ippocratica:1) curare il malato secondo le sue necessità 2) libertà di
cura per il medico. Nessun malato si può curare secondo necessità se il
medico non è libero di curare. Per l’orientamento neo ippocratico le
diseconomie sono innegabili ma per risolverle non c’è bisogno di
sacrificare questi due principi a condizione di usarli meglio quindi
investendo su un medico più bravo a scegliere nella complessità . Per
l’orientamento post ippocratico al contrario si tratta quanto meno di
ridimensionarli, perché ci si deve rassegnare a curare secondo i mezzi
disponibili. Nel primo il medico deve reimparare a fare il medico nel
secondo resta quello che è ma deve regolare le sue condotte sulla base
di limiti predefiniti sotto forma di linee guida, precetti, vincoli.
Cioè accettare di farsi amministrare.
Le varie teorie di medicina
amministrata sono tutte ad orientamento post ippocratico perché tendono a
condizionare in qualche modo sia la libertà clinica del medico che la
cura secondo necessità. Ad esse non interessa riformare la medicina per
avere un medico più bravo ma solo di regolarne i comportamenti per
correggerne i costi.
Nasce così un nuovo conflitto: i neo
ippocratici che per difendere i sacri principi vogliono riformare la
medicina che c’è e i post ippocratici che privi di un pensiero
riformatore rispetto alla medicina che c’è al contrario vogliono contro
riformarla per amministrarla meglio .
Il post ippocratismo sotto
forma di behaviorismo è pericoloso non solo perché distrugge dei valori
ma anche perché non risolve niente: 1) non risolve la crisi
paradigmatica della medicina anzi finisce per esasperarla nel senso di
offrire a una società sempre più esigente una medicina meno costosa ma
clinicamente discriminante; 2) usa la scienza in modo semplicistico nel
senso di vincolarla a delle evidenze statistiche che nella realtà sono
regolarmente falsificate dal caso clinico, dalla singolarità dei malati.
In
questo contesto si inserisce l’azione di slow medicine una associazione
culturale fatta da brava gente, con una estrazione di sinistra, tutti
positivisti doc, che credono nella sanità pubblica, con una forte
vocazione moralizzatrice. Essa sa poco o nulla di paradigmi e quindi
scarta la possibilità di riformare la medicina ippocratica tentando la
strada di una medicina amministrata moderata. Dogmatica nelle sue
visioni scientifiche (evidenza e verifica) organizza la sua idea di
scienza dentro una curiosa contrapposizione slow/fast che ricorda molto
quella di Celentano rock/lento. Se prima in nome della qualità sfornava
raccomandazioni e linee guida, oggi dopo essersi affiliata a slow food,
in nome della “moderazione” alias “sostenibilità”, si propone cavalcando
l’onda di choosing wilesy come una specie rieducatori di medici male
educati.
Choosing wilesy a slow medicine è apparsa come la
quadratura del cerchio cioè la possibilità di amministrare finalmente le
scelte del medico con il consenso del malato dentro una relazione.
Non
è una impresa impossibile ma a condizione: 1)di rinunciare alla pretesa
di amministrare le condotte professionali 2) investire su una nuova
idea di medico 3) valorizzare la sua libertà di scelta mettendogli a
disposizione non con le prediche ma con l’information technology le
migliori conoscenze disponibili 4) verificando con i risultati le sue
prassi .
Ma soprattutto definendo una riforma paradigmatica della
medicina ippocratica perché per mettere insieme evidenze scientifiche
relazioni e complessità non basta l’attak cioè l’adesivo universale.
Siccome
questi 5 punti non appartengono a slow medicine mi permetto lealmente
di diffidare della sua credibilità. Choosing wilesy non è una riforma
del paradigma e slow medicine per fare quello che predica dovrebbe
essere la prima ad autoriformarsi a partire dalla sua davvero
discutibile idea di scienza amministrata.
La sua preoccupazione
non è riformare la medicina (chiacchiere da filosofi ignoranti) ma
convincere medici e malati a rispettare per ragioni di sostenibilità le
sue evidenze scientifiche preferite
Nella relazione di cui parla
slow medicine , il medico dovrebbe ragionare non solo con le logiche
dogmatiche delle evidenze ma anche con quelle polivalenti del malato
complesso del contesto e della contingenza. Cioè dovrebbe avere un altro
concetto di scienza. Purtroppo sono logiche del tutto estranee alla
razionalità dura e pura di slow medicine. E poi se slow medicine le
avesse scatterebbe immediatamente il paradosso: le evidenze per tagliare
davvero i consumi di medicina dovrebbero essere imperative ma se
fossero tali danneggerebbero il malato ..per non danneggiarlo dovrebbero
essere relative al malato ma se fossero relative non sarebbero più
evidenze ma opinioni. E allora?
C’è infine una ultima questione:
ho paura che a causa della medicina amministrata il fenomeno del
contenzioso legale tra medici e malati cresca ma cambiando forma. I
medici oltre ad andare in tribunale per quello che fanno andranno in
tribunale anche per quello che non fanno magari perché hanno seguito i
precetti prescritti da Choosing Wilesy e le raccomandazioni di Slow
Medicine. Sarà l’omissione della cura necessaria cioè il reato di
controfattualità clinica il problema del futuro.