Corriere 30.4.16
Non lasciamo sole le ragazze della Rete
di Marta Serafini
Sono
state elette per la prima volta nei consigli comunali in Arabia
Saudita. A breve dovrebbero aggiudicarsi la guida del Palazzo di Vetro. E
molto probabilmente sarà loro anche la poltrona di presidente degli
Stati Uniti. Eppure le donne non possono permettersi il lusso di cantare
vittoria. Dall’omicidio di Berta Càceres in Honduras uccisa perché
difendeva la sua terra passando per il massacro di Ruqia Hassan, la
blogger che sfidava l’Isis con i suoi post ironici, fino a Shaima
Al-Sabbagh, attivista egiziana morta tra le braccia di un compagno, sono
ancora troppi i tentativi di mettere a tacere le donne. E se la libertà
di espressione oggi passa indiscutibilmente dalla Rete, non aiuta certo
che l’accesso alla tecnologia sia ancora in molte zone del mondo una
prerogativa maschile, come sottolinea tra gli altri la ong statunitense
Freedom House nel suo ultimo rapporto. Perché a cosa servono
applicazioni, connessioni super veloci e piattaforme, se nei Paesi a
basso o medio reddito le donne hanno ancora il 21 per cento di
possibilità in meno di possedere un telefono cellulare? I segnali
incoraggianti ci sono. In Nigeria — lo stesso Paese dove Boko Haram
rapisce le studentesse per trasformarle in kamikaze — un gruppo di
ragazze hacker ha aperto una scuola per insegnare ai giovani a navigare
senza esporsi al rischio di intercettazioni e censure. E, ancora, nel
collettivo di hackitivst di Anonymous si è creato un gruppo di donne che
aiuta e sostiene chi denuncia episodi di violenza. Infine percentuale
di donne che hanno accesso alla rete è salita a livello mondiale di due
punti percentuali rispetto all’anno scorso. Una speranza, dunque. Ma
queste ragazze hanno bisogno soprattutto di una cosa: di non essere
lasciate sole.