il manifesto 28.4.16
Vienna, l’asilo non è più un diritto
Migranti.
Con l’aumento dei flussi scatta lo stato d’emergenza che bloccherà gli
arrivi e rispedirà i profughi nei Paesi confinanti
di Angela Mayr
Davanti
al parlamento austriaco bambole stese per terra, simboleggiano le tante
donne, uomini e bambini che la fortezza Europa ogni giorno condanna a
morire. Le hanno portate lì insieme a bandiere rosse la Vsstöe e JG, le
due maggiori organizzazioni giovanili socialiste furiose col loro
partito, ultima di una valanghe di proteste contro il giro di vita del
diritto d’asilo. A Salisburgo gli attivisti del coordinamento per i
diritti umani diritto si sono stesi sulla riva del fiume Salzach,
ciascuno sotto un lenzuolo bianco. «Più si blinda, più morti si
producono». Ma la logica del muro e della presunta emergenza immigrati
non si ferma. Ieri sera il parlamento austriaco ha approvato il discusso
pacchetto di emendamenti del diritto d’asilo. Durante le votazioni
dalla galleria sono volati migliaia di volantini degli studenti del
Vsstöe: «Non passate sopra i cadaveri, non è questo che vi farà rimanere
a galla». La legge è passato con i voti dei partiti della coalizione di
governo, socialdemocratici Spoe e popolari (Oevp) e il minuscolo Team
Stronach. Verdi , Neos e quattro parlamentari Spoe contrari.
La
xenofoba Fpoe che queste nuove misure ha sempre volute e propugnate, non
contenta ha votato contro. Evidentemente ha già spostato la barra più
in avanti. «E’ una legge placebo che ha solo un nuovo abito, a leggi già
esistenti sono state aggiunte modifiche minimali» ha accusato Gernot
Darmann del partito di H.C. Strache e della nuova star Norbert Hofer.
Già adesso l’Austria sarebbe circondata da paesi terzi sicuri e quindi
secondo le regole europee non avrebbe nessun obbligo di trattare domande
d’asilo, ha ribadito il deputato di estrema destra. Cosa è cambiato?
Intanto la nuova legge introduce l’asilo a tempo, che sarà dunque di tre
anni e non più illimitato.
Dopo tre anni le condizioni del paese
di provenienza verranno verificate per decidere se le ragioni d’asilo
sussistono ancora. Può quindi scadere o a questo punto diventare
illimitato. Una misura molto criticato dall’AMS, ufficio di collocamento
lavoro perché mette una forte ipoteca sui programmi di integrazione e
formazione appositamente approntati per il collocamento di rifugiati.
Più difficile anche il ricongiungimento familiare, chi ha solo un
permesso umanitario deve aspettare addirittura tre anni, e avere
condizioni economiche adatte a mantenere la famiglia. Ma la parte più
grave del pacchetto è il decreto che autorizza il governo di proclamare
lo stato di emergenza per la ‘tutela della sicurezza e l’ordine
pubblico’, una condizione particolare che permette di aggirare il
diritto d’asilo.
Così un rifugiato che si presentasse al confine
austriaco potrà essere respinto e rimandato indietro. Solo chi ce lo fa a
trovarsi dentro il paese potrà chiedere asilo, cosa sempre più
difficile visto i muri che crescono dal Brennero fino al confine
orientale con la Ungheria. «Bisogna avere una visione complessiva del
problema, voi lo riducete alla costruzione dei muri» ha detto Eva
Glawischnig capogruppo dei Verdi accusando l’abolizione di fatto del
diritto d’asilo e la violazione della costituzione «che non reggerà
davanti alla Corte costituzionale».
Le forti critiche che hanno
accompagnato l’iter della legge «Faymann sei Orban» si è beccato il
cancelliere al congresso Spoe di Vienna, hanno costretto il governo di
attenuarne alcuni aspetti, soprattutto anche la valenza temporale
dell’emergenza, limitata a 6 mesi, prolungabile fino a due anni. Lo
stato di emergenza però non c’è lo ha ammesso persino il cancelliere
Faymann, si tratta di una misura preventiva, come quella della
costruzione dei muri ai confini, nel caso si verificasse un afflusso
eccezionale, perché non si ripeta l’esperienza dell’anno scorso quando
decine di migliaia di rifugiati passavano i confini, incontrollati. Mesi
di grazia. In quell’occasione ha dichiarato Norbert Hofer possibile
futuro presidente dell’Austria lui avrebbe dimissionato il governo
perché non ha tutelato gli austriaci.
Più di cinquanta grandi
organizzazioni chiamate ad esaminarla hanno espresso un giudizio
negativo sulla legge, dall’Unhcr alla conferenza dei vescovi, alla
camera degli avvocati, l’istituto Ludwig Boltzmann per i diritti umani
molte regioni e città, intere università oltre alla vasta galassia di
associazioni e Ong. Unico giudizio positivo è venuto inaspettatamente
dall’Oegb, la centrale sindacale austriaca e dalla camera del lavoro.