il manifesto 28.4.16
Spagna, in campagna elettorale senza bipartitismo
di Luca Tancredi Barone
BARCELLONA
Ed elezioni furono. Se qualcuno sperava in un miracolo politico
dell’ultimo minuto, ieri è stato definitivamente deluso. Non ci sono più
i tempi tecnici per convocare due sedute del Congresso dei deputati per
eleggere un nuovo presidente prima di martedì, ultimo giorno utile
prima dello scioglimento automatico delle Camere. Durante le
consultazioni del re era sembrato che i socialisti avrebbero accettato
un’ultima proposta di Compromís, alleati valenziani di Podemos, e per
qualche ora il termometro politico era schizzato a mille. Ma era solo un
miraggio: i socialisti non sono tornati sui loro passi e non hanno
buttato a mare il patto firmato con i moderati di Ciudadanos.
E
così, come amano dire gli spagnoli, siamo già in un altro schermo: il
discorso politico è ormai esplicitamente elettorale, e i partiti si
disputano la narrazione, il «framing» della spiegazione sul perché siamo
arrivati a questo punto.
In buona sostanza, si danno tutti
reciprocamente la colpa di aver costretto i cittadini a tornare alle
urne. Come se in un paese che praticamente l’altro ieri è uscito da 40
anni di dittatura votare due volte fosse davvero un problema. Ma la
questione è che in realtà, e forse sorprendentemente per gli stessi
protagonisti, il ritorno alle urne non implica la ripetizione della
stessa situazione di stallo.
Per varie ragioni. La prima, e senza
considerare l’effetto astensionismo, è che stavolta i partiti dovranno
fare i conti con il dato di fatto che lo scenario post-elettorale sarà
multifattoriale, e non bipartitico. Ma soprattutto stavolta Podemos e
Izquierda Unida, nonostante le resistenze interne di entrambi i partiti,
sembrano davvero vicini a un accordo. Alcuni protagonisti delle
trattative, soprattutto in Podemos, sono cambiati.
I partiti ora
hanno i numeri veri, e non quelli dei sondaggi, in mano. E solo uno
spirito suicida, peraltro non da escludersi trattandosi di sinistra,
potrebbe spingerli a farsi concorrenza quando assieme hanno mezzo
milione di voti in più dei socialisti (nella foto il leader Sanchez).
E
infatti questi ultimi stanno facendo i salti mortali per cercare di
convincere Izquierda Unida a non correre con Podemos, lusingandoli con
sondaggi che darebbero il trentennale partito (ieri è stato
l’anniversario della sua fondazione) in forte ascesa. Ma a parte le
considerazioni politiche, Alberto Garzón e i suoi sanno benissimo che la
legge elettorale, vada come vada, se vanno da soli li castigherebbe più
di qualsiasi altro partito.
Se Rajoy spera in un risultato
decente, e in un risultato positivo di Ciudadanos per rimanere alla
Moncloa anche dopo l’estate, la sinistra-sinistra, come ha scritto
Iglesias ieri in un tweet, punta al sorpasso non solo del Psoe, ma anche
del Pp.