mercoledì 20 aprile 2016

il manifesto 20.4.16
“A Genova è emergenza nazionale”
Il presidente ligure di Legambiente, Santo Grammatico: "Nella zona dove è esplosa la condotta, con i rivi in secca imbevuti di petrolio, ci vorranno anni per bonificare. Dove c'è l'acqua è più facile, grazie alle panne assorbenti. L'azienda si è scusata, ora deve rifondere tutti i danni. E passiamo presto alle fonti rinnovabili".
di Riccardo Chiari

GENOVA “Ero lì fino a un paio di ore fa, poi i miasmi sono diventati troppo forti, mi faceva male la gola e mi bruciavano gli occhi. Una situazione devastante”.
– Santo Grammatico, come presidente ligure di Legambiente lei ha subito dato l’allarme, segnalando che l’intero ecosistema della zona più vicina alla condotta della Iplom è stato spazzato via.
“L’esplosione della condotta è avvenuta nella parte alta del rio Penego, che confluisce nel rio Fegino e poi nel torrente Polcevera, che è uno dei corsi d’acqua più importanti di Genova. Nel piccolo alveo del rio Penego, che purtroppo è in secca ed è quindi stato inondato di petrolio, si vede bene la massa di terra riversata lì, terra che copriva la condotta. Aspettiamo le perizie tecniche per avere la sicurezza, ma con tutta probabilità è stata la condotta a saltare. Infatti in quel punto c’è un buco”.
– La mancanza d’acqua ha aggravato la situazione? Perché?
“Perché il petrolio è più leggero dell’acqua, e galleggia. Dove c’è acqua, per le squadre di soccorso è più facile sistemare le panne assorbenti. Addirittura si possono creare della mini dighe artificiali, far salire il livello e intervenire più facilmente in superficie, per bloccare buona parte dell’inquinamento. Invece nel rio Penego, e anche in un tratto del rio Fegino, di acqua non ce n’era. Così gli alvei si sono imbevuti di petrolio: le piante, l’erba, gli animali. Là ci sono gli operai delle ditte di bonifica al lavoro, per cercare di tamponare l’emergenza. E uno di questi operai mi ha confermato che il petrolio è penetrato nel sottosuolo: ‘Ne avremo per un anno – mi ha detto – come lo rimuovi da una parte, lo ritrovi dall’altra’. Davvero una brutta situazione, perché in fondo questa è una zona di campagna, con gli orti e i frutteti”.
– Anche il torrente Polcevera è messo male. Le ultime notizie dicono che il petrolio è arrivato fino al mare, lo conferma?
“Sì, nonostante le panne assorbenti una parte del liquido è stata già avvistata alla foce del Polcevera. Ma scendendo a valle, paradossalmente, la situazione è più controllabile, proprio perché l’acqua permette di intervenire con molta più efficacia per ‘succhiare’ con le panne il petrolio. E’ a monte che gli effetti di quanto accaduto si faranno sentire, per parecchio tempo”.
– Chi abita in quella zona di Genova è esasperato. Qualcuno si è sentito male per i miasmi, tanti hanno approfittato dell’arrivo delle telecamere per denunciare che non si può andare avanti così. Hanno detto che non è la prima volta che ci sono sversamenti di petrolio.
“Già nel 2012 c’era stato uno sversamento, ma non di queste proporzioni. Quella volta le conseguenze non erano state così disastrose come ora. Qui invece, e mi sembra che lo abbia detto anche il presidente regionale Toti, siamo di fronte a un’emergenza nazionale per la quantità di greggio finita nei rivi, e per la vastità della zona interessata. Ci vorranno anni prima che la natura riesca a ricucire una ferita del genere”.
– Si è già parlato di condutture troppo vecchie e corrose dal tempo, e di tempi di intervento troppo lenti rispetto alla velocità dell’inquinamento. Cosa può dirci in proposito?
“Non molto per quanto riguarda le condutture. Qui sarà la magistratura che dovrà fare chiarezza sullo stato dell’impianto, c’è già una inchiesta per disastro ambientale colposo. Quanto ai soccorsi, per fortuna lo scoppio della conduttura è avvenuto nel tardo pomeriggio di domenica, mentre c’era ancora luce. Quindi l’allarme è stato dato subito dai residenti, che hanno visto il fiume nero di petrolio lungo il rio Penego. I Vigili del fuoco sono arrivati tempestivamente, e anche il Comune si è mosso subito, al tramonto la Protezione civile era già operativa”.
– E l’azienda che ha fatto?
“Si è mossa anche lei, e si è già scusata per l’accaduto. Ora però ci aspettiamo anche che ripaghi i danni alla popolazione, fino all’ultimo centesimo. Questo disastro non deve essere rimediato con i soldi pubblici, deve essere la Iplom a pagare. E, se mi permetti, vorrei anche dire che, magari non domani ma entro dieci anni, dovremmo abbandonare questi impianti pericolosi e di sostanze fossili e inquinanti come il petrolio, e fare una transizione energetica verso le fonti rinnovabili”.