il manifesto 17.4.16
Castro: sì alla transizione ma nella «continuità»
Cuba. Il presidente e segretario apre il Congresso del Partito comunista
di Roberto Livi
L'AVANA
Il carattere irreversibilmente socialista dello Stato e della società
cubana, il partito unico comunista «come forza suprema della società e
garante dell’unità e della sovranità nazionale» ma aperto a un processo
di critica interna; l’assoluta priorità alla realizzazione e
attualizzazione dei riforme economiche (Lineamenti) varate nel
precedente Congresso – seppur con la preoccupazione che possa crearsi
una classe media che potrebbe essere utilizzata come testa di ponte da
parte degli Usa- e il proseguimento del processo di normalizzazione
delle relazioni con gli Stati Uniti; la necessità di ringiovanire i
quadri dirigenti del partito e del governo come parte del processo di
rinnovamento; la mano tesa a un ruolo attivo della Chiesa cattolica
nella società cubana; la continuità della politica antimperialista e in
questo ambito la solidarietà con il governo bolivariano del Venezuela
sotto attacco Usa. Son questi i temi centrali del discorso con cui Raúl
Castro ha dato inizio ieri al VII Congresso del Partito comunista cubano
(Pcc) di fonte a mille delegati e a più di duecento invitati.
Si è
trattato dunque di un discorso programmatico formalmente continuista,
che ha messo al centro delle politica del partito per i prossimi cinque
anni – che resteranno sotto la guida della dirigenza «storica», ovvero
quella formatasi nella Rivoluzione vittoriosa nel 1959 – l’economia e la
normalizzazione col potente vicino del Nord, ma con il chiaro annuncio
dell’inizio di «un processo di transizione» che implica sia un
«rinnovamento generazionale» della direzione del partito-Stato, sia un
dibattito critico interno al partito che potrebbe formalizzare correnti
interne, sia cambiamenti della Costituzione che dovrebbero essere
sanciti da un referendun popolare. Secondo lo storico e analista Enrique
López Oliva, si tratterebbe di una mediazione tra posizioni interne al
Pcc che potremmo definire «ortodosse» e «pragmatico-riformatrici», che
fa intravvedere la possibilità di riforme politiche nei prossimi cinque
anni. Dopo la visita a Cuba del presidente Barack Obama e soprattutto
dopo l’impatto (favorevole) del suo discorso alla popolazione cubana
alcune voci avevano ipotizzato uno scontro di linea all’interno del
partito comunista. I duri interventi di Fidel contro la «mano tesa» di
Obama e il pericolo che essa costituiva per il socialismo cubano
segnalavano, secondo tali voci, la volontà del lider maximo di
«correggere» una posizione interna al Pcc ritenuta pericolosa. Dunque
non vi è stata frattura, Raúl ha insistito sulla necessità del partito
unico, mettendo in risalto che cedere alle sirene «della democrazia
borghese» e accettare un processo di divisione o frammentazione interno
«sarebbe l’inizio della fine». Il presidente e primo segretario del
partio si è invece espresso a favore di un «rafforzamento della nostra
democrazia» aprendo il partito a un dibattito interno e «con la
partecipazione della società» senza paura di «manifestare differenze e
critiche».
Una parte importante di questo processo, definito «di
transizione», comporta un rinnovamento generazionale con la proposta che
l’età massima per far parte degli organi dirigenti del partito
(Comitato centrale e Ufficio politico) e dello Stato sia di 70 anni e
che non si possa occupare più di due mandati di cinque anni: in pratica
che tutta l’attuale direzione dovrà essere rinnovata. Come sempio, Raúl
ha confermato che lascerà la presidenza della repubblica nel febbraio
2018 alla scadenza del suo secondo mandato. Mentre l’abbandono della
carica di primo segretario del Pcc sarà automatica, visto che quest’anno
Raúl compie 85 anni.
Il presidente ha ribadito che il
completamento e l’attualizzazione del processo di riforme economiche e
sociali decise cinque anni fa costituisce, assieme al «controllo
rivoluzionario» della normalizzazione dei rapporti con gli Usa, «la
maggiore sfida per il partito». Il più giovane dei Castro ha espresso in
questo ambito la sua preoccupazione per gli aumenti dei prezzi di una
serie di generi alimentari di base che generano malcontento nella
popolazione e il timore che lo svilupparsi del lavoro por cuenta
propria, ovvero privato, possa indurre una pericolosa forbice sociale
con la formazione di una classe sociale – una classe media – che
potrebbe rivendicare riforme politiche con l’appoggio degli Stati Uniti.
In questo quadro ha implicitamente riconosciuto che la Chiesa cattolica
– presente e attiva in tutta l’isola anche nel campo sociale – possa
svolgere un ruolo importante come alleata del partito.